Osimhen l’elastico magico

Osimhen l’elastico magico© ANSA
Alessandro Barbano
4 min

Se c’è una metafora che lo racconta, è l’elastico. Osimhen è l’elastico del Napoli. Non solo per il modo con cui maneggia le sue lunghe leve in area, sul primo gol arpionando il pallone con la sinistra, che si distende con un raggio supplementare a quello immaginabile per un atleta comune; sul secondo, flettendole a paletta con un riflesso rapidissimo, per fare sponda al tirocross di Kvara; sul terzo allungandole in avanti nel gesto del cucchiaio e imprimendo alla sfera una parabola irraggiungibile per il portiere in uscita. Il nigeriano è un elastico per tutto questo, ma anche per molto altro. Perché il meglio di sé lo dà sui rinvii della difesa e del portiere, quando si tratta di svettare in cielo e appoggiare indietro a un compagno, permettendo così al Napoli di allungarsi e di spezzare qualunque tentativo di assedio degli avversari. Il movimento di Osimhen è ossigeno puro per una squadra che si difende meglio quando attacca, come ha dimostrato anche ieri contro il Sassuolo. Tutte le volte, poche per fortuna, in cui il Napoli pretende di gestire l’arrembaggio degli avversari tenendosi davanti alla propria area, rischia, soprattutto a sinistra, di essere trafitta tra le linee. Per questo Osimhen è, prima che il cannoniere, il miglior difensore del Napoli. La cui continuità di risultati non è stata fin qui causa di stanchezza o di appagamento. Perché Spalletti è riuscito a trasmettere al gruppo il piacere del palleggio diffuso. Vuol dire che tutti possono pensare e osare allo stesso modo. Di più, devono. Certo, c’è un regista che si chiama Lobotka, che tutti vorrebbero avere e che alcuni puntano a neutralizzare, magari con una marcatura quasi a uomo. E allora il compito di costruire, di giocare tra le linee tocca a chiunque. E' chiaro che l’allenatore toscano dispone di un potenziale tecnico e agonistico straordinario. Di Lorenzo e Mario Rui sono una risorsa che raddoppia la capacità offensiva della squadra. Non a caso il secondo e il terzo gol sono figli di due imbeccate dei due ispiratissimi esterni.

Poi c’è Kvara, l’assist-man. Che dopo solo quattro minuti smarca di testa Osimhen per il vantaggio. Vuole adempiere anzitutto al compito per il quale è più prezioso: fornire il tocco illuminante. L’assist sul secondo gol, l’ottavo in questa stagione, è un capolavoro della creatività applicata alla tenacia. Perché la palla parte dalla linea di fondo, dopo una sequenza di scatti e frenate brevi, che mandano letteralmente in tilt il marcatore del Sassuolo. Kvara calcia un cross che somiglia a un tiro all’indietro, sapendo che il nigeriano è lì ad attenderlo. Sembra un flipper casuale, invece è un piano preordinato, contro il quale la squadra di Dionisi pesa tutta la sua inferiorità. Solo dopo aver servito la patria azzurra, il fuoriclasse si dedica alla sua, di patria. Quella rappresentata dai fan giunti dal mar Nero per vedere i suoi numeri, e assiepati sugli spalti sotto le bandiere della nazionale georgiana. E' il momento di prendersi il gol che merita, il sesto della stagione. Sei gol e otto assist fanno quattordici giocate decisive tra le cinquanta palle che il Napoli ha fin qui messo in rete, in serie A e in Coppa. La firma di quello che appare quasi uno sfizio è uno schiaffo alla palla, dall’alto verso il basso, sul primo palo. E' una mossa controtempo, che anticipa di qualche frazione di secondo il tentativo di reazione del portiere Consigli. Ma tutta l’azione è frutto dell’empatia. Perché Kvara suggerisce l’assist a Mario Rui con un cambio di marcia verticale non appena la palla arriva tra i piedi del portoghese, che lo ripaga con una pennellata sublime. E' il tripudio dell’intesa, della complicità sportiva, della capacità di scambiare i ruoli che fa di una squadra una grande squadra. E' il Napoli, bellezza. Forte di tredici vittorie consecutive e di un’onda di giubilo che dal Maradona si leva come una tempesta d’amore.


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