Napoli, conto alla rovescia

Due stadi pieni, telespettatori a centinaia di milioni nel mondo, la città colma di visitatori e tifosi per l’ultimo sprint verso il titolo
Napoli, conto alla rovescia
Antonio Giordano
6 min
Stasera, che sera: perché intorno (pure) stavolta c’è la magia d’un sogno da vivere con gli occhi aperti. C’è un Mondo che scruta tra le tenebre, cinque Continenti che allungano lo sguardo su Udine, anzi su Napoli, e centinaia di milioni di spettatori che staranno svegli o si alzeranno all’alba o si perderanno in quella città che sta in estasi da un po’ e ormai non vede l’ora di denudare la propria anima per sentirsi (finalmente) felice. È una notte, anche questa, che sa di delirio collettivo, hanno riempito fisicamente due stadi: alla Dacia Arena, dove si giocherà, saranno in ventiseimila, e la metà saranno venuti dall’Italia del Nord ch’è emigrata sin dentro questa favola; e al  Maradona  , con Maradona che veglia sulle loro ansie, finiranno per ritrovarsi in cinquantacinquemila - 54.726 per la precisione - che resteranno inchiodati a quegli otto maxi schermi nei quali lasciarsi andare. Questa non è una partita di calcio, è una mozione d’affetto, è una tempesta emozionale che appartiene ad un Mondo, Napoli, presente ovunque, e che proprio stavolta non può disertare: sono arrivati da Londra e da Siviglia, da Monaco di Baviera e dalla Svizzera, da quel macro universo di questa città ora stordi ta e travolta da se stessa e che ha figli che l’inseguono con i pensieri folli di questi ultimi otto mesi. Udinese-Napoli è la sintesi di un anno tinteggiato d’azzurro, divenuto territorio inesplorabile per gli altri sin dall’ultima giornata del girone d’andata, quando la squadra aveva scavato l’abisso tra sé e gli altri con quei dodici punti di vantaggio sulla Juventus e sul Milan: poi, lo show è continuato, perché pure in America dicono che così debba andare, e adesso che soltanto un punto - cos’è punto? - separa dall  immortalità, val la pena starsene a godersi l’attimo e accomodarsi nel Pantheon del football, con quella sua struggente bellezza. 

I marziani

Per otto mesi, dal 15 agosto in poi, il Napoli ha dominato il campionato, l’ha fatto suo in fretta, è andato a vincere in casa della Lazio, la sua antagonista più vicina, in quella dei campioni d’Italia, comiciando a scucirgli lo scudetto dal petto a settembre, poi imponendosi all’Olimpico con la Roma, a Bergamo con l’Atalanta, a Torino con la Juventus: è stato un potere assoluto, una rivoluzione copernicana che ha stravolto le gerarchie di questo calcio, da ventidue anni incapace di scendere dal Nord. 

Benvenuto al sud

Ci sono voluti trentatré anni per riconsegnare lo scudetto al Napoli, uscito dal Gotha con l’addio di Maradona, scomparso completamente nel 2004, risorto dalle sue stesse ceneri a settembre di quell’anno in cui la Resurrezione divenne un atto di fede, con sessantamila spettatori che andarono al debutto con il Cittadella, in serie C. Ci sono volute diciannove stagioni dell’era De Laurentiis, tre Coppe Italia, una Supercoppa italiana, quattro secondi posti (2013, 2016, 2018, 2019) e il coraggio di ricostruirsi smantellando il passato e proiettandosi in quell’orizzonte scintillante che stasera diventa palcoscenico per una squadra che sarà quella di sempre, ormai la si può mandare a memoria come una vecchia cantilena: Meret; Di Lorenzo, Rrahmani, Kim, Olivera; Anguissa, Lobotka, Zielinski; Lozano, Osimhen, Kvaratskhelia. 

La magia

Udinese-Napoli cominciò proprio nel 2004, quando alla Fallimentare, con un blitz, Aurelio De Laurentiis riuscì a scavalcare Giampaolo Pozzo nello scatto al titolo d’un club seppellito dai debiti: poi, però, è stato un viavai di affari, in un senso e nell’altro, una simpatia reciproca tra i due presidenti divenuta amicizia, un flusso di danaro che spesso da Castel Volturno è stato indirizzato in Friuli per acquistare i Quagliarella e gli Inler, gli Allan e gli Zielinski e i Meret, e che talvolta ha fatto il percorso inverso, con le trattative per Sosa e per Denis, per Zuniga. A Udine il Napoli ha lasciato uno scudetto, quello del 2016 quando a sette giornate dalla fine era secondo a tre punti dalla Juve; a Udine il Napoli può rimettersi in pace con se stesso. Tenera, anzi dolce e indimenticabile è questa notte.


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