Scudetto al Napoli, l’ultimo miracolo di Maradona

Gli azzurri Campioni d’Italia dopo il Mondiale vinto dall’Argentina: non può essere solo una coincidenza
Scudetto al Napoli, l’ultimo miracolo di Maradona© ANSA
Pasquale Salvione
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Avrà festeggiato con uno dei sigari cubani regalati dal suo amico Fidel. Magari indossando una maglia azzurra numero 10, quella che sarà per sempre solo sua. E forse avrà sorriso a una battuta di Massimo Troisi e cantato con l’amico Pino Daniele, oppure intonato “Oje vita mia”, la canzone che gli faceva venire i brividi. Lassù lo immaginiamo tutti così Diego, scatenato a urlare di gioia per festeggiare il suo Napoli. Nessuno più di lui poteva sapere come sarebbe finita, un destino già segnato nella storia. Perché, quando c’è di mezzo D10S, si intrecciano mito e realtà, fantasia e leggenda. Il finale trionfale del Napoli era scritto da dicembre, dal giorno in cui in Qatar si avverò l’altro sogno del Pelusa, che vide l’Argentina tornare a essere campione del mondo. L’ultimo trionfo della Selección era arrivato nel 1986, l’anno dopo il Napoli vinse il suo primo tricolore: la firma era comune, quella del Pibe de Oro di Villa Fiorito.



A distanza di 36 anni la storia si è ripetuta e la coincidenza non può essere solo un caso. C’è qualcosa di magico che ha legato Napoli a Buenos Aires nel nome di Diego. Così come non possono essere solo intrecci casuali i diversi episodi che hanno sbalordito i tifosi del Napoli nel confronto con la stagione del primo tricolore (dai 18 anni di attesa identici per i due presidenti Ferlaino e De Laurentiis, alla prima sconfitta in campionato, in entrambe le stagioni arrivata il 4 gennaio dopo la sosta). Quando c’è di mezzo D10S non sempre c’è una spiegazione razionale a tutto, forse è per questo che il mito di Maradona sarà eterno a Napoli. Perché Diego è stato sempre un uomo del popolo, un idolo della gente, è diventato un napoletano vero. E da quel 5 luglio del 1984, quando si presentò allo stadio davanti a 80mila tifosi, è entrato a far parte della vita di una città. Non ha mai smesso di esserci e non lo sarà mai. “Oh mamma mamma mamma, ho visto Maradona e innamorato so’”, in quasi quarant’anni - anche dopo il suo tragico addio - non è cambiato niente. Diego gioca con il Napoli e con i tifosi in ogni partita, nello stadio che porta il suo nome e dove c’è la sua statua a regalare un’emozione unica. È nella musica che accompagna il riscaldamento, quel “Live is life” ascoltato una sera del 1989 prima della semifinale di Coppa Uefa a Monaco con il Bayern che è diventato un cult di intere generazioni. È nelle maglie e nelle bandiere con il suo volto che recitano “Chi ama non dimentica”. È nella canzone argentina “La mano de D10S” che lo stadio ripete ogni volta e nei tantissimi cori delle curve che non hanno mai smesso di amarlo. “Nella mente c’è un ricordo che non mi abbandona, il bacio di Carmando e Maradona”, uno dei più romantici, a tenere vivo un rituale pre-partita entrato nella favola. “Vienen diez mil más Maradona” (“Vengono in diecimila più Maradona”), titolò un giornale spagnolo quando Diego accompagnò gli azzurri sei anni fa nel ritorno dei quarti di Champions a Madrid, contro il Real. È stato sempre l’uomo in più, quello che ha fatto la differenza. Adesso in tutto il mondo ci saranno milioni di tifosi a festeggiare, più uno, lassù in paradiso. Con il sigaro di Fidel e la maglia azzurra numero 10. Per sempre sua.


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