Napoli, ecco perché Spalletti ha deciso il divorzio: è pronto a dimettersi

L'allenatore ha un contratto fino al 2024 però proverà a liberarsi. Linea dura con Giuntoli:  pista Juve a rischio
Napoli, ecco perché Spalletti ha deciso il divorzio: è pronto a dimettersi© ANSA
Antonio Giordano e Fabio Mandarini
5 min

La storia finita. Luciano Spalletti è pronto a chiudere quello che sarà per sempre un capitolo fondamentale della sua vita: Napoli, il Napoli. Un amore vero, intenso e tormentato come solo le grandi passioni sanno essere: straordinaria con la città e con la squadra, due anime che ama profondamente e che rappresentano le sole boe a cui legare la cima sfilacciata; in chiaroscuro con De Laurentiis. Beh, per la verità ormai le ombre hanno di gran lunga coperto le luci di una ribalta condivisa fino alla sera della festa scudetto al Maradona e mai più: la cena di una settimana fa, nel centro di Napoli, è servita a farli vedere ma non a farli riconoscere. Tanto che il signor Luciano, se DeLa non riuscirà a ricucire lo strappo, è pronto a presentare le sue dimissioni, a dispetto dell’anno di contratto, e ad affrontare le conseguenze.

Questione di feeling

E allora, niente da fare: troppa distanza, troppo diversi i modi d’intendere i rapporti e le relazioni personali. Questione di idee e prospettive: Spalletti non ha mai nascosto la sua delusione per essere stato avvisato con una lettera consegnata in sede da un dirigente e non in prima persona dal presidente dopo l’attivazione dell’opzione di rinnovo fino al 2024 via Pec. E ancora: ha avvertito forte il senso d’amarezza per non aver chiacchierato del futuro prima di ritenerlo già un allenatore confermato; e non ha metabolizzato la mancata telefonata di Adl per abbracciare la squadra nella notte dello scudetto a Udine. «Avrei potuto rubare la scena collegandomi in diretta dal Maradona con lo spogliatoio e invece ho preferito che i ragazzi godessero di un momento tutto loro. Sono una persona discreta», ha detto ieri DeLa nel corso della presentazione del ritiro di Dimaro. Un appuntamento ufficiale e strettamente tecnico a cui Spalletti non ha partecipato nonostante la sua presenza fosse inizialmente prevista.

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Il 'muro' su Giuntoli

De Laurentiis, tra l’altro, non ha voluto commentare la situazione dell’allenatore e tantomeno del mercato: «La cena di venerdì è stata una cena dell’amicizia, dell’allegria, del ringraziamento». Stop e dribbling. «Noi consideriamo molto importanti i nostri calciatori: abbiamo sempre fatto aggiustamenti e quando un anno fa ho detto che avremmo provato a vincere lo scudetto ho mantenuto la promessa. I nostri scout per ora hanno guardato, annusato, analizzato». Nessun accenno a Giuntoli, il direttore sportivo: i due si sono incrociati ieri in campo, nel corso dell’allenamento e prima della conferenza, e arrivederci. Il ds, corteggiato dalla Juve, aspetta un incontro per chiarire la sua posizione ma è già stato informato che il Napoli vuole rispettare il contratto fino al 2024. Ovvero: il presidente non ha intenzione di liberarlo.

L'incontro a Castel Volturno

De Laurentiis, ieri, ha parlato anche con Spalletti a Castel Volturno: in campo e poi in sede, nel pomeriggio. Ma il quadro della situazione gli era parso molto chiaro già da un po’: alla cena e alle dichiarazioni pubbliche - «È un mito, ripartiamo da lui» - non sono seguite le conferme del signor Luciano. «Il club deve parlare del futuro, non io»; e a Bologna, dopo il Bulgarelli: «Ho solo che detto che il Napoli avrà un futuro brillante, ma voi interpretate e dite che resto». Bene. Cioè, male: perdere l’eroe del terzo scudetto, un fuoriclasse della panchina, un uomo amato dalla città e dalla squadra è un duro colpo nei giorni della festa. E lo sarebbe stato anche senza. Ma tant’è.  

Tentativo estremo

Lo strappo è profondo, il rapporto logoro, ma De Laurentiis sta provando a ricucire e a rigenerare: nella sua idea c’è la possibilità di rinnovare fino al 2025 e di progettare il futuro subito, al volo, a caccia della Champions. Ma in questo momento Spalletti è lontano, troppo lontano, e non per una questione di soldi, di contratti, d’ingaggi, di offerte faraoniche o di altre sfide. Nulla di tutto questo. E il paradosso resta: c’era una volta una città che ha atteso lo scudetto per 33 anni e oggi c’è una città che attende risposte all’altezza dello scudetto.  


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