Napoli, trionfare e dirsi ciao

Leggi il commento sull'addio tra De Laurentiis e Spalletti dopo la vittoria dello scudetto
Italo Cucci
2 min
Che bel divorzio. Si usa in America festeggiare gli addii più dei matrimoni combinati spesso imprudentemente, oppure per allegria, sempre ignorando la prevista indissolubilità sacramentale. Il calcio - per fortuna - crea al massimo unioni utili, almeno nelle idee, mette insieme presidenti, allenatori, calciatori e tifosi per l’unico obiettivo che conta, la vittoria. Ricordo imprenditori arrivati “da fuori” e promotori di piani triennali che ho sempre deriso citando i mitici piani quinquennali dell’Unione Sovietica, la più tragica barzelletta di tutti i tempi.  

De Laurentiis-Spalletti, ultimo atto

De Laurentiis e Spalletti sono arrivati felicemente al successo in due stagioni e saggiamente gliel’hanno data su. I cicli non esistono, esistono piuttosto le incompatibilità di carattere che vengono invocate nei divorzi più semplici, salvo il cattolicissimo invocare la Sacra Rota per gli stessi motivi che spingevano Don Abbondio a sconsigliare a Renzo il matrimonio con Lucia, gli impedimenti dirimenti che citarli oggi spiega come sia cambiato il mondo: «Error, conditio, votum, cognatio, crimen, Cultus disparitas, vis, ordo, ligamen, honestas, Si sis affinis, ...». Ah, le affinità elettive: che goduria. A me non m’hanno fregato. Ho capito da sempre, scoperto da mesi, che l’Aurelio e lo Spallettone non avevano altro, a unirli, se non un contratto e un traguardo. Valido il primo, raggiunto il secondo. Mi era già successo, tanti anni fa, vivere una identica situazione. Storica. 

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