L’uomo giusto al posto giusto

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L’uomo giusto al posto giusto© LaPresse
Alessandro Barbano
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Che Rudi José Garcia parlasse l’italiano meglio di qualunque allenatore italiano non è una sorpresa per chi lo ha conosciuto per tre anni sulla panchina della Roma. Tuttavia il suo primato lessicale e semantico va oltre l’ordinario perché, nel presentarsi da allenatore del Napoli, il tecnico franco-spagnolo spiega, anche meglio di quanto abitualmente faccia qualunque collega italiano, il suo modo tattico, tecnico, motivazionale ed etico di intendere il calcio, con dettagli e metafore che irritualmente dimostrano l’utilità di una conferenza stampa. Che questo si tradurrà nel bis dello scudetto e nella finale di Champions, come Aurelio De Laurentiis ha detto di aspettarsi, è tutto da vedere. Però fa piacere sapere che, oltre la scientifica follia di Spalletti, ci attenda un sapere altrettanto robusto, ancorché diverso. Colpisce l’esposizione non schematica della scelta del modulo, che cade ancora sullo storico 4-3-3, ma non è, nelle intenzioni del tecnico, una professione di fede. Bensì una postura che dovrà adattarsi alle caratteristiche dei singoli, all’avversario e anche agli incerti del campo, con la possibilità di essere variata o dismessa in corso d’opera. Ma più di tutto, secondo quanto ha annunciato Garcia, conterà l’intelligenza tattica dei calciatori, su cui lo straordinario lavoro avviato da Spalletti sarà implementato. Una sottolineatura che vale da sola una cambiale di fiducia.

Che la girandola di tecnici consultati e lasciati cadere, o piuttosto neghittosi all’idea di venire a Napoli, sia caduta per esclusione su questo cinquantanovenne andaluso, o che piuttosto il suo nome sia una prima scelta debitamente occultata dall’astuto presidente, come lui vuole lasciar credere, resta il fatto che Garcia è parso da subito stare al posto giusto. Alla pari con le ambizioni di una squadra straordinariamente assortita e motivata, di una società maturata, di una piazza unica. 

Per questo il primo vero colpo della stagione estiva è certamente di De Laurentiis, che dimostra di muoversi in un ambiente difficile con l’abilità e la convinzione dei propri mezzi di un grande mercante. In tre settimane ha divorziato consensualmente dal tecnico dello scudetto, e giudizialmente dal direttore sportivo a cui pure deve gli affari italiani migliori degli ultimi anni, ed ha assunto in prima persona la plancia di comando del club, approdando su una scelta che si deve riconoscere lungimirante. Perché orientata a proiettare il successo su un teatro europeo

Il resto lo farà un mercato non facile e, per il Napoli, a geometria variabile. Perché la difesa dei suoi gioielli, Osimhen e Kim su tutti, ha una soglia monetaria oltre la quale la convenienza a vendere impone un piano B per la loro sostituzione. De Laurentiis lo ha detto chiaramente parlando del nigeriano e fissando le condizioni: se resta è già pronto un prolungamento di due anni di contratto, che lo gratifichino e lo rimotivino sui nuovi traguardi. Se però arrivasse un’offerta non rifiutabile, il Napoli dovrebbe essere pronto a sostituirlo. Una scommessa non da poco, su cui lo scouting azzurro può trovare nell’esperienza internazionale di Garcia un alleato prezioso. Se il buongiorno si vede dal mattino, a Napoli c’è ancora una giornata di sole.  


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