Anche Sarri era partito male alla sua prima stagione. Era il 2015-16, debutto con sconfitta a Reggio Emilia col Sassuolo, pareggio all’allora San Paolo con la Samp, pareggio nella sua Empoli, due punti in tre partite. Giocava col rombo, con Insigne dietro le due punte. Tre giorni dopo il 2-2 al Castellani arrivò il Bruges in Champions: prima volta del Napoli col 4-3-3, con Mertens (e poi Insigne) a sinistra, finale 5-0 per gli azzurri. Seconda volta col 4-3-3 nella partita successiva contro la Lazio: altro 5-0 per il Napoli. Magari capiterà anche a Garcia, si accorgerà che qualcosa non va (e sono tante le cose che non vanno nel Napoli di oggi), cambierà strada e troverà quella giusta. La differenza, fra il tecnico toscano e quello francese, è che il primo aveva ereditato da Rafa Benitez una squadra arrivata al quinto posto, in Europa League, doveva riassettarla se non proprio ricostruirla secondo i propri principi calcistici. Garcia invece si è ritrovato una squadra che ha vinto lo scudetto dominando il campionato col gioco e i risultati, o meglio, con i risultati frutto del gioco ideato e creato da Luciano Spalletti.
Il Napoli non si diverte più
Doveva solo accompagnarla. Ci vuole tempo, certo, ma sono passati più di due mesi da quando ha preso in mano il Napoli e oggi questa squadra è a metà strada, non è più spallettiana e non è ancora garciana. Mica piacevole come situazione: deve girare a destra o a sinistra? E intanto resta bloccata. Un anno fa il Napoli giocava col sorriso sulle labbra, quando le telecamere inquadravano in primo piano le facce di Osimhen, Di Lorenzo e Lobotka, si scorgeva quel sorrisetto beffardo di chi era certo che, continuando a giocare in quel modo, il risultato sarebbe arrivato. Oggi il Napoli non si diverte più. E non si nota solo dall’atteggiamento di Osimhen nell’attimo della sostituzione, reazione umana ma che poteva comunque evitare visto il momento. Si nota quando la palla gira a fatica, quando Lobotka alza lo sguardo e non trova più, d’istinto, con naturalezza, Kvaratskhelia e Politano, ma nemmeno Zielinski che è il giocatore geograficamente a lui più vicino. È una squadra confusa e incerta, come confuse e incerte sono le decisioni del suo allenatore. Se devo vincere la partita, non posso togliere i due giocatori che l’anno scorso di quelle stesse partite ne hanno vinte un’infinità, a meno che non mi accorga di qualcosa di poco convincente.
Napoli, devi riprendere a correre
Il Napoli ha conquistato lo scudetto per il suo blocco, ma è innegabile che Osi e Kvara abbiano dato alla squadra il tocco in più, spesso decisivo. È confusa nel modo di portare palla, di costruire dal basso o anche da metà campo, non trova gli sbocchi che un anno fa si aprivano davanti alle incursioni dei due terzini e alle giocate delle sue mezze ali. Niente è perso, anche se 7 punti di distacco dall’Inter non sono pochi. Il problema sono i 3 punti in meno rispetto al campionato scorso, i 4 gol in meno e soprattutto la posizione in classifica. Un anno fa, a quota 11, il Napoli aveva davanti solo l’Atalanta con 13, adesso ci sono Inter, Milan, Lecce, Juventus, Fiorentina e Atalanta da scalare. Qualcuno si chiede se sia giusto continuare col paragone della stagione scorsa. Forse no, forse non è giusto, ma purtroppo è inevitabile. Quanto è stato ammirato un anno fa è ancora negli occhi non solo della gente, ma anche dei giocatori. Che, osservandoli in campo, non si spiegano questo cambiamento, questa involuzione. Colpa loro? O colpa dell’allenatore? Il momento è decisivo, il Napoli deve riprendere a correre. E alla svelta.
