Ancelotti-De Laurentiis, mi ritorna in mente

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Alessandro Barbano
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Mi ritorna in mente quella foto, Aurelio De Laurentiis e Carlo Ancelotti spalla contro spalla, pollice e indice aperti nel segno della pistola di James Bond. Quel giorno era il manifesto di un’alleanza tra uomini speciali, destinata a franare nell’incomprensione e nel divorzio. Oggi è il simbolo di una contesa che mette in gioco più di ciò che sembra. Perché questa partitissima ha una dote tutta personale. Per De Laurentiis la prova che il suo scudetto non è azzardo ma progetto. Per Ancelotti il prodigio di una leadership “immortale” al confronto con la fugacità del successo calcistico. C’è poco da fare: qui si apre il ciclo del Napoli se si chiude quello del Real. O viceversa, qui si spegne l’alba del Napoli se continua il ciclo del Real. Non tanto e non solo perché chi vince va in fuga e si candida a chiudere in testa il girone. Ma perché per quattro volte il Napoli ha accarezzato il sogno di stare alla pari con la squadra che guida il ranking mondiale della Fifa. E per quattro volte ha toccato con mano quanto quel sogno fosse velleitario. Chi scrive era nella tribuna del Bernabeu il 15 febbraio del 2017, quando il reuccio del tiro a giro, Lorenzo Insigne, beffò Navas con una fiondata istintiva da trentacinque metri. L’illusione durò undici minuti. Bastarono per spiegare che la comitiva di Sarri poteva stupire l’Europa, non dominarla. Questa è la volta buona.

Perché il Napoli è ancora la squadra stellare che Spalletti ha forgiato nei dettagli, con la cura di uno scalpellino del settecento di fronte alla sua scultura barocca. E che Garcia eredita già rodata alla vittoria e con un anno di esperienza in più. Se impara a rispettarla, può aiutarla a evolvere nel carattere. Non ci sono complessi di inferiorità. A dispetto del fatto che Bellingham prende undici milioni all’anno e Kvara dieci volte di meno. Non ci sono timori da debuttanti. Se n’è accorto l’anno scorso per primo il Liverpool, e poi molti altri, prima che il Milan spezzasse l’incantesimo di un gruppo imbattibile, approfittando di un piccolo calo stagionale. Eppure i debuttanti nella squadra di Spalletti erano quasi la metà. In quella di Garcia solo Natan non ha mai visto la Champions. Per lui è un collaudo da non fallire. Di fronte alla maestà di quest’appuntamento, le nubi che pure aleggiano sulla ripartenza azzurra si diraderanno tra le luci del Maradona al primo sold out. La Napoli che Osimhen chiama al gemellaggio gli è tutta attorno. Stanotte non serve altro. Poi domani, su questo tripudio d’amore occorrerà alzare una capanna di protezione. Perché la volontà può fare un’impresa, non un’egemonia. Che richiede sì ambizione, ma anche fiducia. De Laurentiis risolva pure il suo duello con Ancelotti, voltandosi d’astuzia e sparandogli per primo. Poi però dismetta la pistola e con il suo Napoli la sostituisca con una penna, per fissare nei contratti il genio e la passione di uomini che possono fare una storia mai vista qui.


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