Napoli, Mazzarri è l'originale
In Nba non si pongono certo il problema della “bollitura” dei coach over 60, e l’Nba è la massima espressione dello sport professionistico mondiale. Gli americani sanno apprezzare l’esperienza, la competenza, il vissuto insomma, e tollerano anche qualche umana fragilità. Poche ore fa Gregg Popovich, che di anni ne ha 74 ed è il tecnico dei San Antonio Spurs, ha dato una lezione ai tifosi che continuavano a fischiare Kawhi Leonard dei Clippers. «Scusatemi un secondo» ha detto, visibilmente alterato «possiamo smettere di fischiare e lasciamo giocare questi ragazzi? Abbiate un po’ di classe. Noi non siamo questi. Piantatela». Dopo un istante di silenzio, però, il pubblico ha ricominciato con i boooo, e ancor più insistentemente, rendendo inutile la reazione dell’allenatore. Che comunque ci aveva provato.
Oggi tornerà a provarci Walter Mazzarri, che ha due anni meno del suo primo avversario, Gian Piero Gasperini, al quale peraltro nessuno ha mai dato del bollito o del poco aggiornato. Gasp il Dentista è infatti considerato un maestro di gioco e freschezza, oltre che un punto di riferimento per colleghi quali Juric, Thiago Motta, Palladino, Gilardino. Chissà perché, ma ho il sospetto che, in caso di sconfitta a Bergamo, mica a Licata o Canicattì, a Walter non verrebbe perdonato nulla, nemmeno il fatto di aver potuto lavorare solo con sette, otto giocatori. Della sua prima conferenza stampa mi hanno colpito in particolare due cose: l’emozione, subito confessata agli stessi giornalisti lasciati dieci anni prima, e l’umiltà con cui ha ripetuto di aver «studiato il calcio attuale», come se fosse appena rientrato da un viaggio di cinque anni su Marte. Ovviamente si è anche sentito in dovere di specificare che «non mi lamento più, sono un altro Mazzarri».
Il passaggio più divertente dell’incontro con la stampa - è un impareggiabile battutista involontario - resta quello su De Laurentiis: «tra noi c’è stato solo un equivoco durato due anni». Alla faccia dell’equivoco. Walter si è difeso senza essere stato attaccato. Non è una novità: non ha perso l’abitudine di mettere le mani avanti perché, per imporsi, ha sempre dovuto faticare il doppio degli altri. Ha spesso pagato l’evidente introversione e la naturale diffidenza, pur avendo fatto ottime cose (le elenca sempre tutte), anche di recente. Dopo le quattro importantissime stagioni napoletane, si è avventurato all’Inter, al Watford, al Toro e a Cagliari, dove ha conosciuto l’unico reale fallimento. Sono felice che sia tornato, e proprio a Napoli: gli auguro che a 62 anni, 23 dei quali in panchina, possa presto girarsi verso il pubblico non per interrompere i fischi, ma per prendersi tutti gli applausi.
