E così, anche alla luce della sconfitta per 1-0 con il Milan, è finita che il viaggio europeo del gruppo dipenderà dall’uomo con la valigia: Victor Osimhen. Il leone feroce e la gazzella imprendibile. Uno dei centravanti più ambiti sul mercato che Adl ha già salutato pubblicamente, certificandone l’addio a giugno, ma a cui prima chiederà un ultimo regalo d’addio: salvare la stagione del Napoli. Osi, quantomeno triste se non tristissimo per la sconfitta in finale di Coppa d’Africa con la sua Nigeria contro la Costa d’Avorio, dovrebbe rientrare domani alla base. Al più tardi giovedì in campo, ragionevolmente in tempo per poi guidare la squadra sabato al Maradona contro il Genoa. Una vera liberazione: mai come in questo periodo la dipendenza da Victor (victoria) è stata evidente. Un po’ come gli effetti delle endorfine: la sua adrenalina aumenta l’euforia, l’assenza prolungata invece provoca sonnolenza. È scientifico. Ma sia chiaro, questo non è il peana di Osi, la divinità dello scudetto, e neanche il romanzo del salvatore della patria. Troppo facile, troppo banale.
Il Napoli senza Osimhen
La lettura è strettamente legata ai numeri e al rendimento offensivo di una squadra che, come ha confermato l’incrocio con il Milan, dopo aver ritrovato un apprezzabile equilibrio e una buona tenuta difensiva, continua a fare una fatica del diavolo davanti alla porta. Per dirne una: i vice centravanti Simeone (3) e Raspadori (4), in due, hanno segnato 7 gol, uno meno di quanto è riuscito a fare il solo Osimhen giocando 18 partite su 33 tra un infortunio, un turno di squalifica e la Coppa d’Africa (il Cholito conta 25 presenze, Jack 31). Per dirne un’altra: da quando è arrivato Mazzarri, gli azzurri sono rimasti a secco 7 volte su 11 in campionato; per 5 di fila in trasferta, cosa che non accadeva dal 1979 (il record di 6, ahilui, è a un passo). Per concludere: Osi ha saltato le ultime 6 per la coppa e s enza di lui il Napoli ha realizzato 4 gol grazie a Kvara, Politano, il difensore Rrahmani e un’autorete. Ecco perché il suo ritorno non è letteratura.
Paradosso Osimhen
Che Victor sia un pezzo più unico che raro, un modo di essere centravanti e un problema ingestibile per chi difende nelle giornate migliori, è un fatto. Realtà. È un paradosso, invece, che il Napoli debba aggrapparsi a lui nonostante De Laurentiis abbia candidamente ammesso che andrà via: il miraggio della prossima Champions, o comunque la qualificazione a un’altra coppa europea, non possono fare a meno dei suoi gol. Esattamente come gli ottavi della Champions attuale: la doppia sfida con il Barça e il passaggio ai quarti, in termini di introiti, valgono oro e riserve di ossigeno nel peggiore dei casi del campionato. E ancora: sono la base imprescindibile per l’approdo al Mondiale per Club 2025, considerando che servono 6 punti per aggangiare la Juve nel ranking Fifa - due vittorie e un pareggio almeno - e guadagnare il diritto alla partecipazione insieme con altri 50 milioni (o giù di lì). E ancora: la cessione di Osimhen, nel mirino di Psg, Chelsea, Arsenal, United e Real, frutterà più o meno 130 milioni. La conclusione è scontata: il centravanti con la valigia è la chiave del viaggio. Presente e futuro. Tutti, dal presidente ai compagni, passando per Mazzarri e i tifosi, credono e soprattutto sperano in lui. E la mascherina, all’improvviso, sarà quella del supereroe.