C come casting, ovvio, però volendo anche come coach, che ci può stare, anche se sa di basket. Come ciclo, un altro, da riaprire adesso e subito, sapendo bene cosa fare e come farlo, se attraverso il tridente oppure uscendone, per inseguire un calcio diverso. C come cambiamento, quasi epocale, perché stavolta il Napoli - e cioé Adl - scelgono con largo anticipo il tragitto da percorrere: possono - può - giocare d’anticipo, può farlo secondo un’Idea personale che gli appartenga completamente o che possa essere condivisa con un manager da insediare prima di puntare su un allenatore. C come Antonio Conte, of course, con il quale le chiacchierate sono state frequenti e la stima, si sa, è reciproca: però fondersi significa saper condividere le diversità di filosofie che sembrano (sembrano!) inconciliabili, personalità possenti che possono incrociarsi negli spigoli dell’uno e dell’altro e quella autonomia che ognuno, per ruoli e competenze, vuole custodire o comunque governare.
Il sogno di De Laurentiis per il Napoli
Antonio Conte resta la tentazione, è forte, è catalizzatore, è figura rassicurante con l’ambiente, è un vincente, è un carattere, è difesa a tre (ma non solo, come racconta il proprio vissuto tra Bari e la Juventus e altrove), è dominante ma è soprattutto una garanzia. E sta lì, con quel suo carico di effetti speciali che su una città come Napoli possono incidere, eccome, perché offrono sempre la sensazione di non imbattersi in un futuro da decodificare: è già tutto scritto nella sua storia ormai quindicennale in panchina, tra scudetti e coppe che addobbano la sua bacheca. Conte ha un ingaggio fuori dalle dinamiche del Napoli, però anche motivazioni che potrebbero spingerlo a (ri)mettersi in gioco in un ambiente stuzzicante: va trovata reciprocamente la chimica, prima di sedersi a dialogare ancora.
I profili italiani
Ma se il Napoli vorrà restare nel solco della tradizione, dunque alimentarsi di tridente, Vincenzo Italiano parte in vantaggio, quasi di muso lungo, perché ha già colpito De Laurentiis, lo fece con lo Spezia e lo ha rifatto con la Fiorentina, ha una cultura in materia e una tendenza ad immergersi in un football che gradisce, privilegia e asseconda a modo suo. A Firenze non resta e, avesse deciso di salutare già nell’estate scorsa, forse avrebbe avuto modo di prendersi l’eredità di Spalletti: De Laurentiis l’apprezza, ne conosce i desideri ed anche le ambizioni, dovrebbero orientare semplicemente (semplicemente?) il rapporto, evitando invasioni di campo.
I giovani che piacciono
De Laurentiis gradisce anche avventurarsi in dimensioni insospettabili - l’ha fatto con Garcia, l’ha rifatto con Mazzarri - ed ha “studiato” Farioli, che al Nizza è partito benissimo, prima di imbattersi in una crisi che ne ha frenato l’ascesa: è una possibilità, neanche remota, ma viene in ordine alle spalle di Conte e Italiano, che sembrano, pur con le rispettive differenze, le più stuzzicanti soluzioni. Ma il Napoli, quindi il suo presidente, è rimasto stordito anche dalla capacità di calarsi nella parte di Raffaele Palladino, un altro enfant terrible (40 anni ad aprile), che è innamorato perso della difesa a tre, come da insegnamento di Gasperini, il maestro, e che però recentemente ha cominciato a virare, ha esplorato nuove soluzioni, si è divertito a sperimentare se stesso, non solo il Monza, con il quale sta stupendo il campionato italiano, Adl incluso. Sopra la panca, qualcosa dovrà pur capitare, e le nove settimane saranno torbide o torride, lo suggerirà il campo, perché la Champions - avercela o non avercela - avrà un suo impatto. C come Champions, appunto.
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