La maglia numero 10 del Napoli è un’entità, è consegnata alla storia, è nella galleria delle immortali della storia del calcio come il suo padrone e nessuno potrà mai toccarla. Punto. Ma Khvicha Kvaratskhelia esiste e il Maradona lo ama. Ed è una fortuna per le sue squadre: Antonio Conte non ha voluto neanche ascoltare le proposte indecenti arrivate per lui, ritenendo indecente la sola ipotesi di venderlo, e la Georgia pende letteralmente dalle sue labbra e dalla sue giocate. L’ultimo esempio? Un paio di giorni fa: gol, assist e giocate raffinate nella sfida di Nations League vinta per 4-1 contro la Repubblica Ceca. C’era una volta cinderella, e oggi invece è una nazionale che all’Europeo, alla prima partecipazione della sua storia, è arrivata allo stesso livello di Italia, Belgio, Slovacchia, Danimarca. Agli ottavi. Trascinata dall’uomo con la maglia numero 7 che nel Napoli indossa la 77 e che ora, da quando è arrivato Conte, gioca come un numero 10. Con la benedizione dello stadio del Diego.
Kvara, l'uomo nuovo
Kvarevolution, un po’ rivoluzione e un po’ evoluzione: da quando è arrivato il signor Antonio è cambiato tutto ed è cambiato anche Kvara. O quantomeno sta cambiando, sta sbocciando definitivamente, il processo è in atto e sta cominciando a raccontare soprattutto un aspetto: la crescita dell’uomo che sta dietro il giocatore. Che lo completa. E d’accordo, è vero, dopo il crollo di Verona è partito per Tbilisi un calciatore ed è tornato in Italia un padre, ma non può essere soltanto questo: la nascita di suo figlio Damiane gli ha cambiato la vita, è palese, ma la mutazione genetica da esterno tutto istinto e giochetti - a volte troppi - a trequartista non più incatenato alla fascia sinistra e anche capace di rincorrere un avversario fino alla propria area, era venuta fuori già nelle amichevoli di Castel di Sangro.