Napoli, la difficoltà a far gol e l’emblema Kvaratskhelia: i numeri premiano il tridente

Le differenze tra il 4-3-3 e il 3-5-2: con il primo modulo la media punti è migliore (2,3), ma sembra congenita la difficoltà in fase realizzativa
Fabio Mandarini

Napoli, con 45 gol in 29 giornate e dopo l’ultimo 0-0 a Venezia che ha favorito lo scatto scudetto dell’Inter, è sceso al sesto posto nella classifica degli attacchi del campionato. L’enorme occasione offerta dal calendario di giocare contro la penultima mentre i campioni e l’Atalanta si sfidavano a Bergamo è stata sciupata clamorosamente. Ma la legge del gol è spietata e il difetto della squadra è congenito. Tra l’altro, gli azzurri non avevano mai smesso di andare a bersaglio da tredici partite: un silenzio realizzativo assordante e doloroso, a conti fatti. Intempestivo. Ma come acclarato ormai da dicembre, il Napoli ha un difetto congenito che può essere riassunto così: segna poco e molto meno di quanto riesce a creare.  

Napoli, solo Lukaku in doppia cifra

In rosa, al di là del curriculum di Lukaku, non ci sono giocatori con un importante storico di marcature. E lo stesso Romelu, unico della squadra in doppia cifra, ha raggiunto il traguardo dei 10 gol soltanto alla ventottesima e rispetto ai fasti del passato è diventato un centravanti meno cannoniere e più rifinitore (gli 8 assist lo confermano). Conte, insomma, ha dovuto sempre provare a capitalizzare il materiale umano a disposizione e anzi a valorizzarlo: in certi casi ci è riuscito, considerando i 5 e 6 gol di Anguissa e McTominay; in altri meno, come raccontano invece le 2 reti appena nel carnet di Neres e Politano, esterni offensivi fondamentali nel suo sistema ma poco prolifici, o l’unico squillo di Simeone alla seconda giornata.  

Napoli, emblema Kvaratskhelia: è ancora il terzo miglior marcatore

L’emblema di questa storia? Kvaratskhelia, al Psg da gennaio, con 5 gol è ancora il terzo miglior marcatore della squadra al pari di Frank. E proprio la sua cessione, insieme con l’infortunio di Neres, sono stati i colpi più duri per la finalizzazione. Anche perché a un certo punto la storia s’era avviata piuttosto bene: dopo la virata al 4-3-3, il Napoli aveva trovato più gol, più vittorie, più equilibrio, più punti. Lo raccontano i numeri.  


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Napoli, i numeri migliori con il tridente

Con il tridente, la squadra ha giocato 13 partite, più che con qualsiasi altro sistema adottato da Conte. Ottimo lo score: 9 vittorie, 3 pareggi e una sconfitta. È con il 4-3-3 che è arrivata anche la serie positiva più lunga: 9 risultati utili, con 7 vittorie consecutive. Media gol/gara: 1,7. Media punti: 2,3. La più elevata. Il signor Antonio è stato costretto a cambiare, passando al 3-5-2, dopo l’ultimo di tre infortuni sulla catena di sinistra che dalla vigilia con la Juve al post partita con l’Udinese hanno escluso in fila Olivera, Spinazzola e Neres. Incredibile concentrazione di coincidenze sfortunate.  

Napoli, i numeri con gli altri moduli

E così, via con il 3-5-2: con questo sistema è esploso Raspadori, 3 gol in cinque partite da titolare dopo tanta panchina, ma s’è anche registrato il crollo della media punti: 1,25 (una vittoria, due pareggi e una sconfitta). Media gol: 1,5. A Venezia s’è visto invece il 4-2-3-1 per la prima volta in campionato ma non in assoluto, avendo giocato così a settembre contro il Palermo nei sedicesimi di Coppa Italia: e fu pareggio senza gol, 0-0. Per completare l’analisi. Conte, in questa stagione, ha adottato per quattro partite anche il 3-4-2-1 prima degli ultimi - fondamentali - acquisti del mercato estivo, raccogliendo 9 punti e 9 gol in quattro partite contro avversari non irresistibili (non lo era anche il Bologna all’epoca); e poi il 4-2-4 (o 4-2-2-2) per sette giornate, prima della virata definitiva verso il 4-3-3, con media punti alta, di 2,28, e media gol molto bassa: 1,28. Il difetto è di fabbrica. E quando viene meno l’equilibrio la storia si complica.  


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Napoli, con 45 gol in 29 giornate e dopo l’ultimo 0-0 a Venezia che ha favorito lo scatto scudetto dell’Inter, è sceso al sesto posto nella classifica degli attacchi del campionato. L’enorme occasione offerta dal calendario di giocare contro la penultima mentre i campioni e l’Atalanta si sfidavano a Bergamo è stata sciupata clamorosamente. Ma la legge del gol è spietata e il difetto della squadra è congenito. Tra l’altro, gli azzurri non avevano mai smesso di andare a bersaglio da tredici partite: un silenzio realizzativo assordante e doloroso, a conti fatti. Intempestivo. Ma come acclarato ormai da dicembre, il Napoli ha un difetto congenito che può essere riassunto così: segna poco e molto meno di quanto riesce a creare.  

Napoli, solo Lukaku in doppia cifra

In rosa, al di là del curriculum di Lukaku, non ci sono giocatori con un importante storico di marcature. E lo stesso Romelu, unico della squadra in doppia cifra, ha raggiunto il traguardo dei 10 gol soltanto alla ventottesima e rispetto ai fasti del passato è diventato un centravanti meno cannoniere e più rifinitore (gli 8 assist lo confermano). Conte, insomma, ha dovuto sempre provare a capitalizzare il materiale umano a disposizione e anzi a valorizzarlo: in certi casi ci è riuscito, considerando i 5 e 6 gol di Anguissa e McTominay; in altri meno, come raccontano invece le 2 reti appena nel carnet di Neres e Politano, esterni offensivi fondamentali nel suo sistema ma poco prolifici, o l’unico squillo di Simeone alla seconda giornata.  

Napoli, emblema Kvaratskhelia: è ancora il terzo miglior marcatore

L’emblema di questa storia? Kvaratskhelia, al Psg da gennaio, con 5 gol è ancora il terzo miglior marcatore della squadra al pari di Frank. E proprio la sua cessione, insieme con l’infortunio di Neres, sono stati i colpi più duri per la finalizzazione. Anche perché a un certo punto la storia s’era avviata piuttosto bene: dopo la virata al 4-3-3, il Napoli aveva trovato più gol, più vittorie, più equilibrio, più punti. Lo raccontano i numeri.  


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