Il figlio di Dino Viola: "Pallotta? Una delle pagine più nere della Roma”

L’ex dirigente giallorosso non fa sconti alla vecchia proprietà, esalta Mourinho e ricorda la sua squadra degli anni d’oro
Il figlio di Dino Viola: "Pallotta? Una delle pagine più nere della Roma”© Bartoletti
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ROMA - Ettore Viola, figlio dell’ex presidente Dino Viola, è intervenuto ai microfoni di Centro Suono Sport 101.5, per parlare della proprietà americana, delle differenze con le gestioni del passato e della sua creatura fondata 40 anni fa: la Roma di calcio a 5. “Personalmente rinnoverei il contratto di Mourinho - sottolinea - nonostante sia un allenatore esigente, sta ottenendo ottimi risultati, riportando gente ed entusiasmo allo stadio. È ancora un allenatore di prima fascia e, se si prende questo tipo di allenatore, bisogna poi dargli i giocatori giusti. Secondo me, la Roma dovrebbe fare una campagna acquisti diversa”.

La Roma della famiglia Viola

“Rispetto al passato queste sono gestioni diametralmente opposte - continua Ettore Viola nella trasmissione di Roberta Pedrelli - ai miei tempi, la scelta dei giocatori da comprare veniva fatta dall’allenatore, condivisa dal presidente e ratificata dal direttore sportivo. Così facendo i risultati arrivano e i nostri sono sotto gli occhi di tutti: Uno scudetto, quattro volte la coppa Italia e considerati da molti tra le squadre più forti del mondo. Inoltre, Dino Viola è stato un presidente che ha combattuto quasi sempre contro il Palazzo”.

Le critiche alla presidenza Pallotta

La presidenza Pallotta, da me combattuta giornalmente - sotolinea - è stata una delle pagine più nere della storia romanista, seconda solo a quella di Ciarrapico. Pallotta non faceva calcio, ma altre cose. Per fare calcio ci vuole cuore, entusiasmo, soldi e dedizione. Nella prima gestione americana non c’era niente di tutto questo. Ora ci troviamo con un’altra gestione americana, ma per fare calcio ci vuole un minimo di esperienza nel settore. Per vincere bisogna saper capire cos’è il mondo del calcio. Penso che ci sia bisogno di qualche italiano che possa suggerire cosa sia meglio fare o non fare. Mio padre entrò nel calcio sapendo che ci avrebbe perso dei soldi, oggi nessuno è disposto a farlo”.


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