Il rigetto per l'allenatore, l'enorme rispetto per l'uomo. La Roma, intesa come squadra o almeno ciò che ne resta, ha vissuto così le otto settimane scarse con Juric in panchina. In dieci mesi il gruppo che aveva conquistato la Conference League e aveva visto sfumare, per colpe non sue, l'Europa League, ha perso tutto: fiducia, gioco, risultati e credibilità. Se, però, limitandoci a questa stagione, con De Rossi c'era sintonia totale - di cui il club non ha voluto tener conto - con Juric non è stato così.
L'uomo Ivan
Lorenzo Pellegrini e compagni hanno detto pubblicamente e privatamente (a Ghisolfi e agli uomini dei Friedkin) che avevano tanta stima umana nei confronti di Ivan Juric. Il modo in cui si è approcciato dopo la batosta De Rossi, le parole confidenziali utilizzate con tutti, l'apertura agli allenamenti mattutini per permettere ai papà di stare con i figli e le prime dichiarazioni concilianti in conferenza sono stati tutti segnali che il gruppo ha recepito positivamente. Per questo, umanamente, dal blindato spogliatoio dell'Olimpico, da cui Juric è andato via appena saputo dell'esonero, ieri trapelava dispiacere sincero per una storia nata male e finita peggio.