La maturità non spegne il gusto di certe sfide, legate al sentimento e all’orgoglio più che al dovere e all’ambizione. Fino a due settimane fa Claudio Ranieri frequentava le panchine di Villa Borghese, come un uomo di 73 anni che ha dato così tanto al calcio da potersi permettere di decidere lui quando congedarsi. Stasera si ritrova catapultato sulla panchina dello stadio dedicato a Maradona, l’Inarrivabile di cui non potè apprezzare il genio 33 anni fa, quando venne scelto come allenatore del Napoli della rifondazione.
Ranieri, l'emozione
Il compito del suo terzo mandato alla Roma è persino più difficile di quello che gli affidò a suo tempo Corrado Ferlaino. E ed è più complicato rispetto agli altri due, capitati con Rosella Sensi (2009) e Pallotta (2019) per un totale di 96 partite condite da sogni, esaltazione, delusioni e lacrime. Stavolta Ranieri, che non si sente Harry Potter «anche se gli occhiali sono simili», deve tirare fuori la squadra del cuore da un rischio più grande di quanto si immagini: eredita un gruppo psicologicamente confuso e svuotato dal doppio cambio di allenatore e incrocia sul percorso di riabilitazione tre terribili ostacoli (lui però ha parlato, da baronetto inglese, di «belle partite») nel giro di nove giorni: dopo il Napoli, c’è il viaggio nella “sua” Londra per affrontare il Tottenham giovedì e infine l’Atalanta all’Olimpico lunedì 2. Insomma la classifica potrebbe essere peggiorata, sia in Italia sia in Europa, nel giro di due giornate. Ma proprio per questo i Friedkin hanno chiamato Ranieri: soltanto un personaggio amato dalla gente, in un clima di contestazione durissima, poteva reggere l’urto ambientale di una partenza destabilizzante.
I debutti con la Roma
Non possono illudere la Roma i precedenti debutti, entrambi vittoriosi, perché le avversarie al tempo si chiamavano rispettivamente Siena ed Empoli. Stavolta capita il Napoli, «che con il mio amico Conte io pronosticavo sarebbe arrivato primo o secondo», per di più a un giorno dall’anniversario della morte di Diego e con lo stadio pieno. Semmai i tifosi romanisti possono contare sull’esperienza e sul buon senso di un allenatore che nel breve periodo conosce il modo per riavviare il sistema operativo di una squadra. Spegne e riaccende, senza inventare formule trasgressive ma sistemando le rotelle dell’ingranaggio seguendo princìpi logici.
Napoli-Roma, gli accorgimenti
Ha studiato a lungo anche la strategia per il suo terzo esordio, avendo compreso in fretta che non avrebbe potuto contare su Dybala a tempo pieno. E allora la strada tracciata, da un punto di vista tattico, sembra definita: difesa a quattro, blocco basso ma non schiacciato, due linee laterali coperte per contenere le sovrapposizioni del Napoli, inserimenti dei centrocampisti per valorizzare Dovbyk davanti. Potrebbe non bastare per ottenere un risultato positivo ma è probabilmente l’unica opzione che Ranieri scorge all’orizzonte, dal finestrino del suo Frecciarossa arrivato a Napoli ieri pomeriggio. La Roma di Juric, un bravo tecnico calato in una realtà ingovernabile, ha incassato 11 gol nelle ultime 4 partite, quasi 3 per volta in media. Il primo punto all’ordine del giorno dell’assemblea di condominio, a Trigoria, era discutere il metodo per proteggere Svilar.