“Senna, i misteri della morte e quel curvone”: il racconto di chi l’ha vissuto

Barrichello sbatte, Ratzenberger muore: troppe ombre in quei giorni. Ayrton arriva e va nei box, telefona alla compagna e corre per l’ultima volta
Renato D'Ulisse
8 min
Ero ormai un veterano delle piste. In trent’anni di esperienza ne avevo viste di tutti i colori - con prevalenza del nero... - E credevo di essere vaccinato rispetto ad ogni evento “corsaiolo”, buono o cattivo che fosse. M’illudevo, evidentemente. Quel fine settimana imolese mi fece di nuovo piombare nell’incubo vissuto nelle cupe giornate dei Bandini, dei Pasolini, dei Villeneuve eccetera, tanto per fare qualche esempio. La sicurezza non è un’opinione, è chiaro, ma non è neppure una certezza, e non lo era nel 1994. Va detto però che il destino si accanì con particolare ferocia sul gran premio sammarinese: nelle prove libere Rubens Barrichello aveva stampato l’immagine della sua Jordan sul muro della Variante Bassa, uscendone miracolosamente illeso; nelle qualificazioni del sabato il debuttante Roland Ratzenberger era uscito rovinosamente alla curva Villeneuve con la Simtek: morto in pista ma ufficialmente in ospedale, perché lo spettacolo deve continuare. E domenica... Di buon mattino, Senna arriva in autodromo accolto da contenuti applausi - partirà al palo, è l’idolo dei tifosi - ma l’atmosfera lungo il tracciato non è quella consueta, di grande passione e festosa effervescenza. Gli incidenti della vigilia hanno disteso un’ombra inquieta sull’attesa dei protagonisti e dei 100.000 sui prati e le tribune.

Senna, i box e i meccanici

Anche Ayrton non sembra tranquillo. Pochi saluti e via nel box a controllare nella sua Williams-Renault e a parlare con ingegneri e meccanici. È nota la sua pignoleria nella preparazione della macchina e della gara. Ma c’è stato un problema, ed ecco l’urgenza di modificare lo sterzo per agevolare le manovre del pilota e ridurre il peso dello strumento. La modifica impone una riduzione di pesi, spessori e lunghezze. Senna è reduce da due battute a vuoto, in Brasile per testacoda, in Giappone per incidente, e si dice abbia qualche problema di adattamento alla sua nuova monoposto. Incredibile la tenacia e la determinazione di Senna nel cercare ed ottenere il meglio: del resto, ai suoi per così dire datori di lavoro egli offriva partecipazione tecnica e capacità di guida insuperabili. Dunque, domenica primo maggio la gara, in un’atmosfera di malcelata tensione e diffuso nervosismo. In sala stampa si sparge la voce di una telefonata di Senna alla fidanzata Adriane Galisteu, alla quale Ayrton avrebbe promesso di ritirarsi a fine stagione per evitare di rischiare la vita. Impossibile, ovviamente, averne conferma.

Imola, 1° maggio 1994: e si corre...

Nella generale speranza che tutto finalmente fili liscio il gran premio prende il via ma la suddetta speranza viene immediatamente smentita perché la Lotus di Pedro Lamy partita dalle retrovie va a schiantarsi contro la Benetton di JJ Lehto rimasta bloccata in terza fila: piloti illesi ma rottami dappertutto ed una ruota che vola in tribuna dove ferisce non gravemente cinque persone. Entra in pista la macchina di sicurezza e quando, ad asfalto ripulito, riprendono a correre, Senna è in testa, ma anche stavolta non vedrà la bandiera a scacchi. Non vedrà più nulla. A sei secondi e sette sull’inseguitore Schumacher, fa registrare il primato sul giro a 213,7 km l’ora, e va incontro al suo fatale destino affrontando il curvone sinistro del Tamburello a 300 all’ora, la macchina non gira ma vola dritta per la tangente andando a fracassarsi contro il muro. Sono le 14.17, nei televisori in sala stampa intravediamo il pilota muoversi sussultando e poi restare inerte. C’è poco da sperare. L’autodromo piomba in un cupo silenzio. Un brivido gelido ci attanaglia tutti.

Senna, sterzo rotto

«Ho visto il posteriore della Williams toccare il suolo, poi la macchina è schizzata via senza controllo», dirà Schumacher che inseguiva Senna. S’era rotto lo sterzo modificato. Estratto dall’abitacolo, il pilota riceve le prime cure dal dottor Piana, responsabile sanitario dell’autodromo, la cui espressione la dice lunga sulla situazione, che è disperata. Alle 14.24 l’elicottero carica il ferito e vola all’Ospedale Maggiore di Bologna per il ricovero in rianimazione. Tra autodromo ed ospedale, quattro comunicati ufficiali ci informano delle terrificanti devastazioni, soprattutto alla testa subite dal povero Ayrton il quale alle 18.25 riceve l’estrema unzione. Alle 18.40 cessa l’attività cardiaca: è la fine. Io non sono di quelli che “io lo conoscevo bene“ e magari la controparte non sarebbe d’accordo; con Senna, che in Italia aveva pochissimi intimi, il rapporto era cordiale e soprattutto professionale, nel rispetto reciproco del lavoro. Alcune interviste esclusive furono importanti, tipo quella se ben ricordo titolata «La spada nella roccia» o quella in cui rivelava di parlare con Dio. Quel suo Dio che lo proteggeva, ma che a Imola si era forse distratto. Il primo maggio non si lavora e la regola vale anche nei giornali: ma quel giorno il Corriere dello Sport decise di uscire comunque in edizione straordinaria e dunque nel tardo pomeriggio io e i colleghi ci ritrovammo nella desolata sala stampa dell’autodromo per scrivere, raccontare, capire e far capire quella tremenda giornata. Stanchi nel corpo e col morale a pezzi la sera tardi io e Paolo Scalera trovammo in centro una trattoria ancora aperta e cenammo stancamente, senza dire una parola. La mattina dopo passai in autodromo: era già cominciato il pellegrinaggio popolare laggiù in fondo, al Tamburello

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