Ho mbre vertical, ogni promessa è debito. Carlos Sainz aveva giurato di volere una vittoria, un’altra almeno, per onorare la sua storia ferrarista, una storia che qualcuno ha voluto mozzare. E ha mantenuto. Ha perso la pole nei primi metri su attacco di Max Verstappen, se l’è ripresa con un’autorevolezza da campione del mondo e ha così garantito al Cavallino la seconda vittoria di fila dopo Austin, anzi meglio, la quinta stagionale come non succedeva dal 2018. «Forza Ferrari» soffiava in radio Carlitos, strozzato dalle lacrime, subito dopo il traguardo. E anche «Forza Messico», dove una Rossa non s’imponeva da un’era lontana: 1990, autore Alain Prost. È un grande momento per Maranello, che nella classifica costruttori ha superato la Red Bull e da McLaren è passata da -44 a -29. E dire che fino a una manciata di giri dal termine era rimasta in piedi una doppietta virtuale, poi svanita per il ritmo superiore che la papaya di Norris aveva sulla Rossa di Leclerc, indotto in errore dall’incombere di Lando.
Verstappen, spirito da teppista
Verstappen ha ritrovato lo spirito teppista di quando non era ancora campione. Lo ha esercitato naturalmente contro Norris: Max ha avuto occhi solo per lui, ed erano occhi di brace. Al via è subito andato al comando con uno scatto felino, superando Sainz e conquistando il privilegio dell’aria pulita. Sei giri sono stati poi congelati dalla safety car, entrata per la rude collisione Albon-Tsunoda al via, innescata da Gasly. Nel giro di poche tornate Max è riuscito a guadagnarsi – si fa per dire – due pesantissime penalità da dieci secondi. Appena passato in testa Sainz (giro 9) con un attacco coraggioso e di classe, Verstappen ha puntato il suo mirino su Norris: al giro 10 lo ha prima spinto all’esterno della curva, esattamente come la domenica prima ad Austin ma senza avergli messo il muso davanti, quindi lo ha superato percorrendo assieme a lui la via di fuga, dove lo aveva nuovamente spinto in curva 8.
Rissa e rosse
Incredulità in dosi massicce, per tutti. Norris: «Ehi, questo è pericoloso!» Max: «Dieci secondi? Ma sono tanti!», diceva alla prima informazione ricevuta dal box, senza sapere che in una manciata di secondi avrebbe subito il raddoppio. Tra i due litiganti ha goduto Leclerc, un po’ come nella prima curva di Austin: mentre i due perdevano tempo tra loro Charles li ha passati, creando alle spalle di Carlos la virtuale doppietta Ferrari. Ritmo diverso però tra i due ferraristi: Leclerc con l’esigenza di staccare prima delle curve per ricaricare le batterie, mentre Sainz si metteva regolarmente su un ritmo di gara inferiore all’1"21 a giro. Dopo l’unico pit stop (interminabile per Verstappen che doveva scontare la doppia pena) per passare dalle Pirelli medie alle dure, la coppia Sainz-Leclerc procedeva con un largo margine (12") su un Norris pacificato dalla lontananza di Verstappen, ormai franato in retrovia, sesto anche dietro le Mercedes di Russell e Hamilton. Più veloce Lando senza Max nei paraggi, più lucido, più determinato: è così che ha smangiucchiato 15" di ritardo da Leclerc fino ad annullarlo.
Leclerc cede
È successo al giro 63 quando Charles, con l’arancione che ormai luccicava dentro i suoi specchietti, non ha retto e ha perso appena la macchina nell’ultima curva, rimettendola in riga nella via di fuga mentre Norris passava e se ne andava, convinto di poter dare la caccia a Sainz. Otto secondi di ritardo a otto giri dal termine, e infatti: Sainz s’è salvato, mentre a Leclerc sono rimaste le soddisfazioni amarognole del podio basso e del giro più veloce, inventato all’ultimo dopo aver montato le gomme soft. Alla Mercedes non è rimasto che un duello interno tra i suoi piloti, acceso al via da Hamilton con un sorpasso immediato su Russell e poi proseguito fino alla fase finale della gara.