L’attrice campana Raffaella Rea è da oggi 23 febbraio al Teatro Golden di Roma, insieme al collega Simone Gandolfo, nella commedia La bella è la bestia. Due volti noti della fiction italiana, protagonisti questa volta di una storia inedita che ironizza sulle problematiche dell’essere belli.
Tifosa del Napoli e da poco mamma, Raffaella ha raggiunto il successo con la fiction Rai Raccontami nel 2006, a cui hanno fatto seguito altre esperienze in tv e al cinema. Lo scorso anno è stata il commissario Daria Lucente nella serie La Narcotici e ispettore in Sotto copertura. Tante esperienze nei panni di donne forti con ruoli prettamente maschili, ma come lei stessa racconta: «Se si è femminili lo si è sempre, indipendentemente dal ruolo che si occupa».
La commedia insegna che a volte la bellezza non è tutto, secondo lei quanto conta l’aspetto fisico per una donna?
Non conta tanto l’aspetto fisico, ma fare pace col proprio aspetto fisico. A parte ciò che possiamo fare per migliorare noi stessi ovviamente dobbiamo fare i conti con le doti fisiche che abbiamo, però è importante cogliere le proprie individualità, ciò che ci rende persone diverse, puntare su quelle. In questo modo acquisiamo sicurezza, forza. Tante volte ho visto donne molto belle sparire nel mucchio perché erano lì solo a tener presente i loro difetti, a non valorizzarsi a non essere serene e sicure. Oggi giorno, guardando alle nuove generazione, mi rendo conto che di ragazze bellissime ce ne sono tante però non è quello che ti rende speciale.
Lei è una bella donna, questo nella vita le ha mai creato qualche inconveniente come succede al suo personaggio ne La bella è la bestia?
In questa commedia ho un ruolo comico per cui alla fine con un piccolo sforzo di fantasia ci si arriva, riesci a farti immaginare diversa da come appari. Se uno si impegna ce la fa. Come noi ci presentiamo fisicamente dà all’altro un’idea di noi stessi, però si può cambiare, dimostrare che c’è altro. Il dono della bellezza è qualcosa su cui puoi dire grazie, ma non devi puntare, un po’ perché passa e la serenità sta anche nell’accettare il fatto che passa. Ha valore nel momento in cui c’è, va coltivata, ma va anche vissuta con ironia.
Ha interpretato spesso donne in azione nei panni di ispettori, commissari e poliziotti, questi mestieri maschili aggiungono o tolgono qualcosa alla femminilità?
Secondo me né l’uno e né l’altro. Se una donna è femminile lo è sempre, indipendentemente dal lavoro che svolge. Poi ci sono anche donne che svolgono lavori femminili, ma sono poco femminili o donne che nonostante svolgano lavori prettamente maschili conservano la propria femminilità. Certo bisogna anche capire cosa si intende per femminilità. Se si intende vanità no, se si intende intuito, capacità di lettura dei fatti e degli altri allora si. È fondamentale portare un po’ di femminilità in ogni lavoro.
Da poco è diventata mamma, quanto la maternità cambia una donna?
Tanto, in maniera positiva. A parte la fatica, che è semplicemente riassestare gli equilibri, gli orari, gli impegni e le priorità, secondo me ti cambia in positivo perché si sposta il centro della tua vita. Capisci che ci sono tante cose che prima ti sembravano importantissime, ma che in realtà sono stupidaggini e quindi le affronti con più serenità. Per un’attrice la maternità può essere importante anche in funzione del proprio corpo, del tempo che passa, perché avere un figlio ti fa guardare le nuove generazioni con occhio diverso.
Ha sempre desiderato fare l’attrice o sognava di diventare qualcun altro?
L’incontro con il teatro è stato casuale, quando ero al liceo non avevo un progetto specifico, ero molto attratta dallo sport. Per casualità entrai a far parte del laboratorio teatrale ed è stato li che ho scoperto questo mondo. É iniziato come hobby, non avevo l’ansia e l’ambizione di trasformarlo in un mestiere tant’è vero che ho fatto l’esame di ingresso all’Accademia Nazionale con molta serenità pensando “sì è una possibilità, ma non è l’unica strada”. Quella è stata l’arma vincente, perché quando non sei ansiosa di vincere affronti tutto in modo diverso, ed è andata.
Prima ha nominato lo sport, che rapporto ha con l’attività sportiva?
Ho continuato a fare sport anche in gravidanza, ovviamente sport compatibili, però è sempre stato importante sia per la forma fisica che come fonte di energia. In tanti momenti della mia vita è stato modo di scarico o di ricarica. Anche per un attore è ottimo ai fini de controllo del proprio corpo, quindi non deve essere finalizzato soltanto all’estetica.
Il calcio lo segue?
Tifo Napoli ovviamente!
Lei è campana, ma si è trasferita a Roma. Cosa mi dice della Capitale?
Ho sempre avuto di Roma una sensazione positivissima, la trovo molto accogliente. È dispersiva perché enorme e poi io sono campana, ma non di Napoli, vengo da Pomigliano D’Arco, una cittadina quindi all’inizio avevo un po’ paura del passaggio, delle difficoltà ci sono state, ma alla fine Roma raccoglie dentro di sé un po’ tutto e questo ti permette di trovare il tuo spazio. Oltre a essere molto bella conserva una sua vivibilità che altre città non hanno.
C’è qualcosa che Pomigliano D’Arco ha e Roma no?
A parte la mia famiglia, credo che le province donino a chi ci abita una marcia in più per il fatto che tante cose non le hanno a portata di mano quindi se arrivi da qualche parte vuol dire che ci hai messo un po’ più di volontà, il carattere si forgia di più.