Barbaro, l'intervista esclusiva: "Malagò? La Meloni ha gli elementi per decidere"

Il sottosegretario all’ambiente e presidente di ASI: "Nessuna  invasione della politica, lo sport  ha gli anticorpi per difendersi"
Barbaro, l'intervista esclusiva: "Malagò? La Meloni ha gli elementi per decidere"
Giorgio Marota

ROMA - Piantare un albero è un po’ come riconciliarsi con l’essenza stessa della vita: un albero ha radici che ricordano il passato, ma possiede anche dei rami orientati verso il cielo per indicare un’idea di futuro. Nei prossimi mesi ne nascerà uno per ciascun luogo caro agli azzurri medagliati di Olimpiadi e Paralimpiadi, nell’ambito di un protocollo del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica. A farsi carico di questo impegno è il sottosegretario Claudio Barbaro, 69 anni, da trenta presidente di ASI - Associazioni Sportive e Sociali Italiane -, quindi profondo conoscitore dell’universo Coni e delle sue complesse dinamiche. Chissà che un seme di speranza non possa essere gettato anche nel terreno spesso arido della politica sportiva, oggi alle prese con il futuro di Malagò, della Federcalcio e più in generale invischiato in una tornata elettorale piena di insidie e conflitti.  

Presidente, dicono che per fare un albero ci voglia un fiore. Lei ne vede molti?

"Vedo quaranta medaglie, un risultato straordinario del quale andare fieri".
 
Come nasce questa idea?

"L’albero è un simbolo perché cresce e dà la vita. Pensate che per quattro anni questa convenzione era rimasta in un cassetto del ministero. Ci stavano per togliere i fondi e invece destineremo 1,7 milioni agli eventi sportivi ambientalmente sostenibili".
 
Qualcuno potrà obiettare: sarà una delle tante iniziative “spot” quando si parla di ambiente?

"Assolutamente no. Vogliamo renderla un asset costante nelle politiche del ministero. Quando abbiamo cominciato il lavoro, purtroppo, l’educazione ambientale era concepita come qualcosa di nicchia e da ricondurre solo ai rapporti con le scuole. Invece lo sport è l’unica materia che intercetta tutti i temi dell’agenda 2030 dell’Onu".

L’emozione olimpica che l’ha coinvolta di più?

"Ne scelgo due: il trionfo della pallavolo, così atteso, e l’oro delle ragazze della spada nella finale contro la Francia padrona di casa. Anche se dal punto di vista organizzativo queste Olimpiadi non mi hanno fatto impazzire".
 
Anche lei ha avuto problemi con i letti e l’aria condizionata?

"No, però i trasporti non hanno funzionato bene e la rete dei volontari era insufficiente. Alcuni aspetti legati all’impiantistica invece mi hanno sorpreso. Quando si parla di “Olimpiade sostenibile” il rischio di ricoprirsi di atteggiamenti di facciata è dietro l’angolo".
 
Al presidente del Cio è piaciuta.

"Bach per la prima volta non ha detto “è stata la più bella Olimpiade di sempre”. Significa che qualche pecca l’ha notata pure lui...".


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Lo sport sociale, che ASI promuove, è sempre stato un architrave del Paese. Dopo la pandemia il movimento come sta?

"In ripresa, ma acciaccato. Diverse società faticano e tante altre hanno chiuso".
 
Anche per effetto della riforma?

"La riforma fa fatica a essere digerita, è vero, anche se si sapeva che prima o poi il Paese avrebbe dovuto affrontare il tema del lavoro sportivo privo di previdenza: era una bomba sociale destinata a scoppiare".
 
Da rappresentante del governo e presidente di un ente di promozione, pensa davvero che ci sia una tendenza della politica a occuparsi troppo di sport? C’è chi la definisce invasione di campo.

"Ritengo che lo sport abbia gli anticorpi per rispondere. Per quello che riguarda la propria governance, ad esempio, si autodetermina con le elezioni. C’è un po’ di confusione con la sovrapposizione di vari organismi, ma non ho mai visto la politica decidere il presidente di una federazione".
 
Può però impedire per legge al presidente del Coni di ricandidarsi. Trentadue presidenti su quarantotto non sono d’accordo.

"Ho letto con interesse la vostra inchiesta. Credo che la presidente del Consiglio Meloni abbia tutti gli elementi per fare delle opportune valutazioni in merito".

Come si conciliano invece aspetti economici e volontariato?  

"Il professionismo produce il maggior gettito fiscale, l’equilibrio si trova affidandoci alle logiche mutualistiche che reggono lo sport italiano. Va bene assegnare un peso specifico maggiore a chi produce di più, come stabilisce l’emendamento Mulé, purché tutte le componenti possano però avere il giusto ristoro".
 
Il record di quarti posti a Parigi che segnale è?

"Di vitalità. Però non significa che l’Italia abbia raggiunto vette di eccellenza nella cultura sportiva. Siamo tra i popoli più sedentari d’Europa e non dobbiamo farci illudere dal paradosso delle medaglie. Abbiamo un’ottima organizzazione sportiva, ma tutto ciò dovrebbe essere trasferito nel benessere dei cittadini. È l’obiettivo che ognuno di noi deve porsi dopo l’inserimento dello sport in Costituzione, altrimenti restano solo parole vuote".


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ROMA - Piantare un albero è un po’ come riconciliarsi con l’essenza stessa della vita: un albero ha radici che ricordano il passato, ma possiede anche dei rami orientati verso il cielo per indicare un’idea di futuro. Nei prossimi mesi ne nascerà uno per ciascun luogo caro agli azzurri medagliati di Olimpiadi e Paralimpiadi, nell’ambito di un protocollo del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica. A farsi carico di questo impegno è il sottosegretario Claudio Barbaro, 69 anni, da trenta presidente di ASI - Associazioni Sportive e Sociali Italiane -, quindi profondo conoscitore dell’universo Coni e delle sue complesse dinamiche. Chissà che un seme di speranza non possa essere gettato anche nel terreno spesso arido della politica sportiva, oggi alle prese con il futuro di Malagò, della Federcalcio e più in generale invischiato in una tornata elettorale piena di insidie e conflitti.  

Presidente, dicono che per fare un albero ci voglia un fiore. Lei ne vede molti?

"Vedo quaranta medaglie, un risultato straordinario del quale andare fieri".
 
Come nasce questa idea?

"L’albero è un simbolo perché cresce e dà la vita. Pensate che per quattro anni questa convenzione era rimasta in un cassetto del ministero. Ci stavano per togliere i fondi e invece destineremo 1,7 milioni agli eventi sportivi ambientalmente sostenibili".
 
Qualcuno potrà obiettare: sarà una delle tante iniziative “spot” quando si parla di ambiente?

"Assolutamente no. Vogliamo renderla un asset costante nelle politiche del ministero. Quando abbiamo cominciato il lavoro, purtroppo, l’educazione ambientale era concepita come qualcosa di nicchia e da ricondurre solo ai rapporti con le scuole. Invece lo sport è l’unica materia che intercetta tutti i temi dell’agenda 2030 dell’Onu".

L’emozione olimpica che l’ha coinvolta di più?

"Ne scelgo due: il trionfo della pallavolo, così atteso, e l’oro delle ragazze della spada nella finale contro la Francia padrona di casa. Anche se dal punto di vista organizzativo queste Olimpiadi non mi hanno fatto impazzire".
 
Anche lei ha avuto problemi con i letti e l’aria condizionata?

"No, però i trasporti non hanno funzionato bene e la rete dei volontari era insufficiente. Alcuni aspetti legati all’impiantistica invece mi hanno sorpreso. Quando si parla di “Olimpiade sostenibile” il rischio di ricoprirsi di atteggiamenti di facciata è dietro l’angolo".
 
Al presidente del Cio è piaciuta.

"Bach per la prima volta non ha detto “è stata la più bella Olimpiade di sempre”. Significa che qualche pecca l’ha notata pure lui...".


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