Nardi, la lunga marcia di Luchino: storia di un talento atteso da tempo

Nel ranking ATP a 14 anni, colpì subito tecnici e avversari. Pesarese di padre napoletano, è un grande tifoso dei campioni d’Italia

All’improvviso, Luca Nardi. Ma è davvero così? Lo sport italiano scopre il giovane marchigiano dopo la grande impresa su Novak Djokovic. Se è vero, però, che il successo sul numero uno al mondo è sorprendente di per sè, è altrettanto importante sottolineare come “Luchino” sia da una decina d’anni atteso nel grande tennis. La sensazione è che fosse solo questione di tempo. Sin dalle vittorie al Lemon Bowl under 10 e under 12, passando per gli scudetti ai campionati italiani e il trionfo a “Les Petis As”, una sorta di Mondiale under 14, dove al match-point sorride, ma non esulta. Si comporta in maniera genuina e semplice, senza esaltarsi. Esattamente come avvenuto in California, di fronte al suo idolo. In Francia, in quel 2017, supera Holger Rune in semifinale, mentre Alcaraz viene sconfitto agli ottavi dallo statunitense Kodat. In quegli anni il predestinato sembra essere l’italiano.


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Nardi, il primo ranking ATP a 14 anni

Nardi nasce a Pesaro il 6 agosto 2003, da mamma Raffaella e papà Dario, napoletano trapiantato nella Marche. Tifosissimo nel Napoli, ma appassionato anche di basket e motori, il piccolo Luca inizia a giocare a 7 anni al Tennis Club Baratoff seguendo le orme del fratello maggiore Nicolò, che abbandonerà l’attività dopo qualche stagione. È seguito sin dall’inizio da Roberto Antonini, maestro di grande bravura ed esperienza che lo forma dal punto di vista tecnico. «Sono stati molto importanti anche i raduni che organizzavamo in quegli anni per under 9 e under 10 - racconta Emiliano Guzzo, presidente del Comitato regionale Marche della FITP - Ho avuto anche la fortuna di accompagnare Luca in alcuni tornei internazionali under 12; la mamma me lo affidava. Il talento e la facilità di gioco furono subito evidenti». “Luchino” entra nel ranking ATP giovanissimo, a 14 anni e 10 mesi. A Sassuolo gioca le qualificazioni del suo primo torneo dei “grandi”, ma perde al turno decisivo. In quel caso, come accaduto a Indian Wells, il fato è dalla sua parte: entra in tabellone come lucky loser e raggiunge i quarti di finale. «Quando impatta è come se fermasse la palla - raccontava all’epoca il tecnico FITP Luca Sbrascini - Ha un timing talmente incredibile che si ha la sensazione che blocchi la palla sulle corde e poi la rilanci a tutta velocità».


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Andujar di lui disse: "Se accorci sei morto"

A giugno 2020, a Perugia, in un torneo organizzato da MEF Tennis Events per la ripresa del tennis post Covid, Nardi sfida Pablo Andujar, spagnolo di grande esperienza con un passato in Top 40. Luca perde in tre set combattuti, ma il pubblico rimane senza parole, come lo stesso Andujar. «Se accorci contro questo ragazzino, sei morto», racconta l’iberico fuori dal campo a Filippo Volandri e all’entourage del giovane azzurro. Negli anni a seguire Nardi si affida a Francesco Sani, maestro del circolo e grande amico. Cresce, migliora, ma le prestazioni sono sempre altalenanti. In alcuni tornei gioca in maniera eccellente (cinque challenger vinti tra 2022 e 2023), ma la continuità stenta ad arrivare. L’ultimo passo. Negli ultimi mesi dello scorso anno, però, qualcosa sembra cambiare. Luca sembra più convinto, grintoso, l’atteggiamento del corpo è diverso. Ha voglia di arrivare nel tennis che conta; per il definitivo salto di qualità si affida a coach Giorgio Galimberti, ex n.115 e ottimo doppista in Coppa Davis. La sconfitta lottando contro David Goffin (nel turno decisivo delle qualificazioni di Indian Wells) sembrava l’ennesimo “vorrei ma non posso”. Fortunato e bravo, invece, Luca Nardi è entrato prepotentemente nel tennis che conta. All’improvviso, ma solo in apparenza.


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All’improvviso, Luca Nardi. Ma è davvero così? Lo sport italiano scopre il giovane marchigiano dopo la grande impresa su Novak Djokovic. Se è vero, però, che il successo sul numero uno al mondo è sorprendente di per sè, è altrettanto importante sottolineare come “Luchino” sia da una decina d’anni atteso nel grande tennis. La sensazione è che fosse solo questione di tempo. Sin dalle vittorie al Lemon Bowl under 10 e under 12, passando per gli scudetti ai campionati italiani e il trionfo a “Les Petis As”, una sorta di Mondiale under 14, dove al match-point sorride, ma non esulta. Si comporta in maniera genuina e semplice, senza esaltarsi. Esattamente come avvenuto in California, di fronte al suo idolo. In Francia, in quel 2017, supera Holger Rune in semifinale, mentre Alcaraz viene sconfitto agli ottavi dallo statunitense Kodat. In quegli anni il predestinato sembra essere l’italiano.


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