Berrettini e il divertente aneddoto al Quirinale: "Stava per entrare Mattarella, e..."

Il tennista romano, ospite del podcast Tintoria, ha raccontato tantissimi retroscena sul suo mondo: "Non sono scaramantico, mio padre invece per due settimane mangiò tutte le sere pizza e polpette...
Berrettini e il divertente aneddoto al Quirinale: "Stava per entrare Mattarella, e..."
Simone Zizzari

La mattina della celebrazione del tennis italiano al Quirinale dopo la seconda Davis conquistata non è stata una giornata come le altre per Matteo Berrettini. Il 29 gennaio alle ore 6.40 di mattina il cellulare del campione romano ha squillato all’improvviso: era l'agente dell’antidoping che lo avvisava di un test a sorpresa. La reazione è stata uno spasso: “Ho recitato qualche Ave Maria per partire bene”, ha detto il tennista azzurro durante l’ospitata al podcast Tintoria. Un’ora e 50 di aneddoti spassosi e risate, a cominciare dall’incontro con il Presidente Mattarella al Quirinale. “Mi ricordo solo un caldo assurdo, sudore e quella cavolo di cravatta che mi stringeva il collo. E poi le scarpe scomodissime”, ha raccontato Matteo. “Ero molto emozionato, così tanto che non mi ricordo assolutamente cosa ho detto in quella sala”.

 

La mattinata è stata scandita da interviste e richieste di selfie. Tanti, tantissimi selfie. “Addirittura c’è stato un addetto che mi si è avvicinato con due palline mentre stava per entrare il Presidente: voleva un autografo. Lì ho capito che ero a Roma, a casa mia”, ha detto sorridendo The Hammer. Un particolare che ha lasciato il segno nella memoria dell’azzurro è stata la battuta sul corazziere: “Tutti a dirmi, ammazza quanto sei alto, potresti fare il corazziere. Era un continuo”. E poi, sorridendo, il racconto ironico di un particolare: “Ero sveglio dalle 6.40 e speravo di trovare un buffet. Invece niente, ci hanno lasciato a stomaco vuoto”.

 

 


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Berrettini ironico: "Ecco le differenze tra tennis e padel"

Al Quirinale c’era anche il presidente della FITP Angelo Binaghi. La domanda dei due presentatori, Daniele Tinti e Stefano Rapone è arrivata immediata: “Ma che vuol dire quella P?”. E lì già altre risate: “Puoi immaginare la gioia di noi tennisti quando abbiamo visto quella P entrare nella sigla. Ora attenzione al pickleball che sta arrivando dalla fascia… Che cosa è? Non l’ho capito bene, è uno sport con i racchettoni, una cosa che sta prendendo piede in America”. Ma il padel adesso è entrato anche nella famiglia Berrettini: “Ho un padre che si è convertito a questo sport e noi siamo in lutto. E’ campione italiano over 60 e ne va orgoglioso. Il padel è un incrocio tra il tennis e lo squash. Perché l’hanno messo nella nostra Federazione? Ti do la versione ufficiale: visto che è uno sport in grande crescita aveva bisogno di un aiuto per crescere ancora di più”. Berrettini porta avanti la bandiera del tennis e rimarca con orgoglio le differenze con il padel: “Se io smettessi di giocare a tennis e cominciassi a giocare ogni giorno per 5 anni a padel avrei qualche chance di entrare nel circuito dei migliori al mondo. Viceversa il numero 1 mondiale di padel non avrebbe una chance di arrivare al top nel tennis”.

 

Berrettini ha parlato dell’aspetto scaramantico dello sport: “La persona che mi odia di più sono io quando gioco. Forse devo imparare a perdonarmi di più. Sono molto tosto con me stesso ma molto generoso con i miei compagni quando gioco in Davis, mi sento molto uomo squadra anche se ovviamente, com tutti, vorrei sempre giocare io. La scaramanzia? La uso per tenere alta la concentrazione prima di una partita e non avere distrazioni. Di base, però, non sono un tipo scaramantico. L’ho sempre considerata una sorta di debolezza. Mio padre invece in Davis ha preteso di avere sempre lo stesso posto per tutte e tre le partite. Io non la vivo così ma poi alla fine mi ha fatto: ‘Però alla fine avete vinto’”. Pensate che nella prima semifinale che ho fatto in un grande Slam lui ha mangiato per due settimane la stessa cena, ovvero pizza capricciosa e polpette. A fine torneo era gonfio come un pallone ma felice”. 

 

 

 


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Berrettini e il divertente aneddoto sul test antidoping in Cina

Il tennista romano ha raccontato come funziona l’antidoping: “Non è facile convivere con questa cosa. Noi abbiamo un app che dobbiamo sempre tenere accesa e nella quale dobbiamo sempre segnalare dove dormiamo. Questa estate sono stato in Grecia con amici e girando in barca ho dovuto segnalare il molo dove aveva attraccato la barca. Immaginate quando esco con una ragazza. Ho degli stalker che mi seguono e mi chiedono le urine, praticamente”, ha detto Berrettini sorridendo. “Tra l’altro devono guardare mentre la faccio perché altrimenti potrei sostituire le provette, quindi immaginate la scena… Una volta appena arrivato in Cina, in pieno jet lag fui chiamato per un controllo e mi cadde il bicchierino dove avevo messo le urine. Per fortuna che ne avevo così tanta che sono riuscito a riempirlo ugualmente. Se non mi trovano? Scatta un warning. A tre c’è la squalifica di un anno e mezzo. Immaginate la paranoia quando sei a due…. Quanti ne faccio durante l’anno? Almeno una trentina. Pensa che ad oggi ne ho già fatti quattro”.

 

Matteo è anche un grande appassionato di videogiochi: "Alla Playstation gioco molto a Fifa anche per mio fratello che giocava sempre ai videogiochi sportivi. Sono negato a Call of Duty, mi piacciono i giochi sui supereroi. A tennis non ci gioco, mi basta farlo nella realtà. Mi sono visto su Top Spin ma hanno sbagliato, mi hanno fatto le gambe enormi e invece ho due stecchini. Quando ci gioco? Quando sono a casa o nei tornei, di solito li mettono nei salottini. A volte le rubiamo e ce le portiamo in hotel. A margine di tutto, io sono ipercompetitivo e alla Playstation potrei uccidere per vincere".

 


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“Conosco tennisti che vanno in terapia. La Marijuana si può usare ma solo in certi casi"

Si passa poi a parlare di un tema serio come la cura della mente in uno sport super competitivo come il tennis: "Non sono doping gli psicofarmaci. So di tanti tennisti che vanno in terapia e la trovo una cosa molto bella perché purtroppo in questo ambiente si cresce con una mentalità molto competitiva che non aiuta a trovare la serenità interiore. Se ci sono delle cose che non posso fare? L’ultima volta che ho sciato avevo nove anni. Il motorino non lo prendo ma solo per paura mia. Ad esempio non posso smettere di allenarmi per più di quattro giorni perché mangio molto e quindi se non mi muovo poi ingrasso. Se ci sono dei rimpianti? Sono cresciuto con l’idea che quando i miei amici andavano in vacanza io andavo a lavorare e a fare tornei, quindi sono molto orgoglioso di questa cosa. Quando ho cominciato a giocare a tennis? Posso dirti che da ragazzino non mi piaceva giocare a tennis, preferivo il judo e poi il nuoto. Anzi, mi faceva proprio schifo il tennis. Poi invece è arrivato il colpo di fulmine e non ho più smesso. Doping? Sai che ci sono delle sostanze che puoi utilizzare? Ad esempio la marjuana ma solo fuori dalle competizioni. Lo consentono perché aiuta a recuperare e a sentire meno il dolore. Le altre droghe ovviamente sono vietate. Se la fumavo? Al liceo feci in paio di tiro ma non è una cosa che mi attirava particolarmente".    

 

 

 

 


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La mattina della celebrazione del tennis italiano al Quirinale dopo la seconda Davis conquistata non è stata una giornata come le altre per Matteo Berrettini. Il 29 gennaio alle ore 6.40 di mattina il cellulare del campione romano ha squillato all’improvviso: era l'agente dell’antidoping che lo avvisava di un test a sorpresa. La reazione è stata uno spasso: “Ho recitato qualche Ave Maria per partire bene”, ha detto il tennista azzurro durante l’ospitata al podcast Tintoria. Un’ora e 50 di aneddoti spassosi e risate, a cominciare dall’incontro con il Presidente Mattarella al Quirinale. “Mi ricordo solo un caldo assurdo, sudore e quella cavolo di cravatta che mi stringeva il collo. E poi le scarpe scomodissime”, ha raccontato Matteo. “Ero molto emozionato, così tanto che non mi ricordo assolutamente cosa ho detto in quella sala”.

 

La mattinata è stata scandita da interviste e richieste di selfie. Tanti, tantissimi selfie. “Addirittura c’è stato un addetto che mi si è avvicinato con due palline mentre stava per entrare il Presidente: voleva un autografo. Lì ho capito che ero a Roma, a casa mia”, ha detto sorridendo The Hammer. Un particolare che ha lasciato il segno nella memoria dell’azzurro è stata la battuta sul corazziere: “Tutti a dirmi, ammazza quanto sei alto, potresti fare il corazziere. Era un continuo”. E poi, sorridendo, il racconto ironico di un particolare: “Ero sveglio dalle 6.40 e speravo di trovare un buffet. Invece niente, ci hanno lasciato a stomaco vuoto”.

 

 


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