Cobolli: "Grazie al consiglio di Berrettini ho vinto a Bucarest. Alcune cose del calcio non mi piacevano"

Il tennista romano ha parlato del difficile inizio di stagione, del ritorno di Sinner, del rapporto speciale con Musetti e di alcuni suoi difetti: "A volte neanche io capisco il mio atteggiamento"

Il tennis italiano sta vivendo un periodo d'oro non solo grazie ai più celebrati Sinner e Musetti, ma anche per i tanti altri azzurri tra i migliori cento al mondo, compreso Flavio Cobolli, numero 36 del ranking Atp. Il 22enne romano si è raccontato a Oa Sport partendo dagli inizi della sua giovane carriera, quando era ancora indeciso se puntare sul tennis o sul calcio: "Io fino a 14 anni giocavo a calcio e credevo di poter diventare un calciatore, perché pensavo di avere le qualità e poi soprattutto ero seguito da una famiglia che mi ha fatto crescere in un ambiente sereno, lasciandomi vivere la mia vita, facendo sempre le mie scelte. I miei genitori sono stati perfetti con me, sono davvero grato. Giocavo da terzino nelle giovanili della Roma insieme a tantissimi talenti come Riccardo Calafiori ed Edoardo Bove. Quando giocavo a calcio avevo un po’ il timore del pallone, ma forse perché avevo paura di farmi male visto che giocavo anche a tennis, quindi non sono mai stato liberissimo mentalmente e forse sarebbe andata anche diversamente la mia carriera calcistica. Io giocavo insieme a Bove anche a tennis e c’è stato un momento in cui ad entrambi ci è stato chiesto di scegliere. Alla fine ho scelto il tennis perché mi piaceva giocare da solo, ma anche nella vita sono un solitario. Mi piace trovare un modo per ribaltare la partita, tutte cose che nel calcio non hai e non puoi sfruttare. Inoltre l’ambiente del calcio non mi è mai piaciuto, visto che io sono molto tranquillo e non era il clima che mi apparteneva. Il calcio mi ha aiutato in tante cose nel tennis, ma la cosa che più mi è rimasta addosso è la pressione, l’ansia del non dover sbagliare. Avendo avuto ansia nel calcio, nel tennis non mi è mai venuta".

Cobolli: "Non salvo niente dell'ultima partita a Monaco, è da dimenticare"

Vista la govane età Cobolli sa che ci sono aspetti in cui può migliorare: "Neanche io capisco il mio atteggiamento in campo: a volte è perfetto, altre è pessimo. Sono molto autocritico e mi innervosisce non sapermi gestire, ci sto lavorando". Questa altalena di emozioni può capitare anche nel corso della stessa partita, come quella contro Rune al Roland Garros: "Ho iniziato malissimo e ho perso due set, poi ci siamo fermati mezz'ora per la pioggia e al rientro ho rimontato fino ad arrivare al quinto set sfruttando le mie qualità. Alla fine ho perso un po' per sfortuna un po' per inesperienza. Ma anche di recente è riapparso questo atteggiamento drammatico: nell'ultima partita che ho giocato, la sconfitta a Monaco contro Shevchenko, non c'è stato nulla di positivo, è una gara da cancellare e dimenticare".


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Cobolli: "Berrettini è una mia fonte d'ispirazione"

Il 2025 non era cominciato bene per Cobolli a causa di una valutazione sbagliata di un dolore alla spalla: "Abbiamo fatto una scelta sbagliata tutti insieme e il dolore è peggiorato notevolmente, forse mi sarei dovuto fermare prima. Alla fine mi sono trovato con un infortunio che mi ha disturbato per i mesi invernali e non mi ha permesso di fare una preparazione adatta. Dopo le prime due partite a gennaio mi sono fatto male subito e sono andato in Australia con il dolore. Ho capito che ci vuole tempo e pazienza per ritrovare le giuste energie". Una lezione che ha imparato anche grazie ai consigli dell'amico Matteo Berrettini: "Con lui ho un bellissimo rapporto, andiamo molto d’accordo e anche lui è una mia fonte d’ispirazione. In Davis mi ha aiutato tantissimo, trova sempre il modo di aiutarmi, è molto bravo a sapermi consigliare. Per esempio dopo la sconfitta con Tirante a Miami l’ho incontrato e gli ho detto che sarei andato a Napoli a giocare il Challenger. Lui mi ha detto di stare calmo, di prendere il mio tempo, di fermarmi, di allenarmi al meglio e di non andare. Ho seguito questo consiglio e la settimana dopo ho vinto il mio primo torneo a Bucarest". Oltre a Berrettini, Cobolli ha un rapporto speciale anche con Lorenzo Musetti: "Con lui ho forse il miglior rapporto tra tutti i tennisti italiani. Lo ammiro tantissimo e lo prendo sempre come riferimento. Anche il suo risultato a Montecarlo sicuramente lo prenderò come esempio per la mia carriera".

Cobolli: "Mensik e Fonseca sono due fenomeni"

Cobolli non sente la pressione di dover inseguire un obiettivo: "L’anno scorso ho fatto una stagione incredibile e non ce lo aspettavamo. Non mi sono posto obiettivi precisi, poi certo mi piacerebbe giocare i tornei più importanti da testa di serie ed entrare tra i primi venti". Nel corso della sua carriera ha avuto modo di sfidare due leggende di questo sport come Novak Djokovic e Rafa Nadal: "Con Djokovic a Shangai ho vissuto male la partita perché era il mio idolo e quindi era difficilissimo. Mi sono bloccato a livello nervoso, prima l'avevo sempre visto solo in tv. L’altra con Rafa era come se non mi ricordassi niente, perché ero totalmente in un altro mondo". Due giovani che possono aspirare a diventare i migliori al mondo per Flavio sono Jakub Mensik e Joao Fonseca: "Sono due fenomeni ma in maniera diversa. Fonseca ha un dritto fenomenale come quello di Alcaraz, sa già di essere fortissimo, mentre Mensik non si rende conto di avere margini di miglioramento impressionanti, per me tra un paio d'anni è tra i primi due o tre del mondo. Ho un buon rapporto con lui, mi ha sempre impressionato sia come tennista sia come persona fuori dal campo".

Cobolli: "Sinner fa tutto in maniera perfetta"

Al momento Cobolli non ha dubbi per quanto riguarda la sua superficie preferita: "Fino a due anni odiavo il cemento e l’erba, anche perché sono nato sulla terra rossa. Mi dicono che il mio gioco può essere molto efficace sul cemento. Magari fra due anni il cemento diventa la mia superficie preferita". Proprio sulla terra rossa avrebbe potuto giocare le Olimpiadi di Parigi: "Quando ho letto di Jannik che stava male ero proprio con Musetti. Eravamo entrambi sicuri al 100% che sarei andato alle Olimpiadi. Ero ad Umago e venti minuti prima di giocare la mia partita con Lajovic ero al telefono con Binaghi e ho chiamato tutti per sapere se potevo giocare a Parigi, ma mi è stato detto di no perché era scaduto il tempo per le liste. Alla fine, però, è stata anche una fortuna perché ho fatto finale a Washington, andando una settimana prima in America". Chiusura sul rientro ormai imminente di Sinner nel circuito: "Non credo che Jannik ci metterà tanto a tornare ai suoi soliti livelli. Lui è un professionista al 100% e quindi fa qualsiasi cosa in maniera perfetta e anche oltre. Arriverà sicuramente nelle migliori condizioni".


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Il tennis italiano sta vivendo un periodo d'oro non solo grazie ai più celebrati Sinner e Musetti, ma anche per i tanti altri azzurri tra i migliori cento al mondo, compreso Flavio Cobolli, numero 36 del ranking Atp. Il 22enne romano si è raccontato a Oa Sport partendo dagli inizi della sua giovane carriera, quando era ancora indeciso se puntare sul tennis o sul calcio: "Io fino a 14 anni giocavo a calcio e credevo di poter diventare un calciatore, perché pensavo di avere le qualità e poi soprattutto ero seguito da una famiglia che mi ha fatto crescere in un ambiente sereno, lasciandomi vivere la mia vita, facendo sempre le mie scelte. I miei genitori sono stati perfetti con me, sono davvero grato. Giocavo da terzino nelle giovanili della Roma insieme a tantissimi talenti come Riccardo Calafiori ed Edoardo Bove. Quando giocavo a calcio avevo un po’ il timore del pallone, ma forse perché avevo paura di farmi male visto che giocavo anche a tennis, quindi non sono mai stato liberissimo mentalmente e forse sarebbe andata anche diversamente la mia carriera calcistica. Io giocavo insieme a Bove anche a tennis e c’è stato un momento in cui ad entrambi ci è stato chiesto di scegliere. Alla fine ho scelto il tennis perché mi piaceva giocare da solo, ma anche nella vita sono un solitario. Mi piace trovare un modo per ribaltare la partita, tutte cose che nel calcio non hai e non puoi sfruttare. Inoltre l’ambiente del calcio non mi è mai piaciuto, visto che io sono molto tranquillo e non era il clima che mi apparteneva. Il calcio mi ha aiutato in tante cose nel tennis, ma la cosa che più mi è rimasta addosso è la pressione, l’ansia del non dover sbagliare. Avendo avuto ansia nel calcio, nel tennis non mi è mai venuta".

Cobolli: "Non salvo niente dell'ultima partita a Monaco, è da dimenticare"

Vista la govane età Cobolli sa che ci sono aspetti in cui può migliorare: "Neanche io capisco il mio atteggiamento in campo: a volte è perfetto, altre è pessimo. Sono molto autocritico e mi innervosisce non sapermi gestire, ci sto lavorando". Questa altalena di emozioni può capitare anche nel corso della stessa partita, come quella contro Rune al Roland Garros: "Ho iniziato malissimo e ho perso due set, poi ci siamo fermati mezz'ora per la pioggia e al rientro ho rimontato fino ad arrivare al quinto set sfruttando le mie qualità. Alla fine ho perso un po' per sfortuna un po' per inesperienza. Ma anche di recente è riapparso questo atteggiamento drammatico: nell'ultima partita che ho giocato, la sconfitta a Monaco contro Shevchenko, non c'è stato nulla di positivo, è una gara da cancellare e dimenticare".


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