© EPA Noi italiani che voliamo con i vincitori
Come è bello vincere, e quanto ci piace sentirci felici poiché vincenti. Siamo italiani e tutto quello che ci riporta all’Italia e al successo, a una superiorità - ancorché temporanea - sugli altri, ci coinvolge e emoziona. E quanto ci piace oggi Sinner, che il gusto del primato mondiale ce lo fa assaporare continuamente da oltre un anno. Sinner come la Ferrari a Monza, la Nazionale di Mancini, Luna Rossa, là dove c’era Azzurra, Tamberi e Jacobs a Tokyo, e Bagnaia, là dove finito Valentino finita la Motogp e invece eccone un altro e si ricomincia tutti in piedi sul divano. Seguiamo con una passione rinnovabile chi vince, abbandoniamo rapidamente chi perde, talvolta con insospettabile cattiveria. Noi sappiamo proteggere i vincenti finché vincono e condannare i perdenti a prescindere. Flaiano disse che una qualità degli italiani è quella di volare in soccorso dei vincitori. Io direi piuttosto di volare con i vincitori.
La bellezza, per noi, viene sempre dopo la vittoria. Non sono un tecnico del tennis: porto rispetto a chi ne sa, a chi possiede gli strumenti necessari per parlarne e raccontarlo bene. Il tennis non è semplice, il calcio lo è di più, anche se tanti ormai cercano di complicarlo nel linguaggio, oltre che nella pratica. Di Sinner posso soltanto dire che ne ammiro la forza mentale e il talento che anni fa il suo primo maestro, Riccardo Piatti, mi segnalò. Come tanti di voi ho visto decine di partite di Jannik e non mi sono perso un solo set degli US Open. Mi è dispiaciuto - lo confesso - che il suo staff abbia dovuto sacrificare Naldi e Ferrara per il caso di doping non doping: due teste dovevano cadere e purtroppo sono cadute le più facili. Il successo americano di Jannik è qualcosa che va oltre la vittoria: è l’assegnazione dell’oscar per il miglior interprete, un sogno che non osavamo nemmeno accarezzare.
