Jannik Sinner è in campo nell’ATP 500 di Pechino, quando, in una non inedita quanto inutile spettacolarizzazione dell’evento, la Wada - l’agenzia mondiale antidoping - pubblica il comunicato per annunciare di aver presentato ricorso al Tas di Losanna (Corte Arbitrale dello Sport), contro l’assoluzione del tennista italiano per la vicenda della positività al Clostebol. «È opinione della Wada – è scritto – che la constatazione di nessuna colpa o negligenza non fosse corretta secondo le regole applicabili. La Wada richiede un periodo di squalifica compreso tra uno o due anni, non chiede la cancellazione di alcun risultato, salvo quello già imposto dal tribunale in primo grado». Salvi quindi i punti ATP e i successi ottenuti, US Open compreso.
Sinner, la battaglia riparte
Dopo la sentenza di assoluzione dello scorso agosto, pubblicata il giorno successivo alla vittoria di Sinner al Masters 1000 di Cincinnati, il tennista sembrava essersi messo alle spalle una triste vicenda iniziata lo scorso 4 aprile, quando ricevette la notizia della sua positività. Invece, tutto da rifare o quasi, dopo la scelta della Wada che ha stupito il numero 1 ATP. «Sono molto deluso per questa decisione – ha fatto sapere Sinner in un comunicato – abbiamo avuto tre udienze e tutte hanno confermato la mia innocenza. Comprendo che si debba investigare con attenzione per assicurare l’integrità dello sport. Tuttavia non capisco cosa si possa ottenere chiedendo ad altri giudici di analizzare gli stessi fatti e documentazioni. Non ho nulla da nascondere. Come ho fatto per tutta l’estate, collaborerò nel processo d’appello e fornirò qualsiasi cosa possa servire a dimostrare ancora una volta la mia innocenza».
Wada, perché il ricorso
Secondo la Wada, Sinner non può ritenersi senza colpa o negligenza. Ciò è probabilmente legato a una piccola differenza tra il Codice Mondiale Antidoping e il Tennis Anti Doping Program. Nell’articolo 10.5.1, infatti, è scritto che qualsiasi sanzione viene annullata in caso di assenza di colpa o negligenza. Nel Codice Mondiale Antidoping, ma non in quello del tennis, c’è aggiunto un commento che specifica quanto ciò si applichi solo in casi davvero eccezionali, come un atleta che, nonostante la massima attenzione, sia caduto vittima di un sabotaggio. Invece chi, come nel caso dell’azzurro, assume una sostanza proibita per mezzo del proprio fisioterapista o allenatore, seppur inconsapevolmente, rientra nell’articolo 10.5.2, “colpa o negligenza non significativa”. Ciò perché gli atleti sono ritenuti “responsabili della scelta del personale medico e dell’avvisare il personale medico di non somministrare loro nulla di proibito”.
Caso Sinner, gli scenari e i tempi
«Abbiamo fiducia nell’organo che dovrà porre la parola fine sul caso – sono le parole di Angelo Binaghi, presidente della FITP – sono sicuro che l’esito dell’appello sancirà l’innocenza del ragazzo». Difficile, però, prevedere il risultato di qualsiasi processo, come fare confronti con casi passati. Se il Tas assolse il calciatore Palomino (assunse Clostebol attraverso un farmaco veterinario per il suo cane), o ridusse la pena a Sharapova per il Meldonium, c’è anche chi, come la fondista Johaug, vide aumentare la squalifica da 12 a 18 mesi, per aver fatto uso di Trofodermin, stesso farmaco utilizzato da Naldi, ex fisioterapista di Sinner. La norvegese, però, assunse direttamente il farmaco, mentre il tennista azzurro non poteva sapere che Ferrara ne fosse in possesso, che Naldi ne facesse utilizzo e che rischiasse quindi una contaminazione. Nel procedimento, che potrebbe arrivare a conclusione in quattro mesi, se in un’unica udienza, o avere tempi più lunghi, se ve ne saranno di ulteriori, proprio questo potrebbe essere un passaggio fondamentale: a Sinner non è stata somministrata la sostanza, ma l’ha assunta attraverso contaminazione. Interpretazioni e cavilli saranno decisivi per la carriera di questo grande campione e di conseguenza incideranno sulla vita di un uomo. E questo, è forse l’aspetto più triste di tutta la storia.