Sinner, come sta il polso: cosa ci dice l’ultimo allenamento prima della finale con Fritz

Il numero uno al mondo sta ultimando la preparazione alla seconda finale Slam della sua stagione e della sua carriera
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Mancano poche ore all'inizio della finalissima degli US Open: Jannik Sinner e Taylor Fritz sono pronti a darsi battaglia per conquistare il titolo dell'ultimo Slam della stagione. Il numero uno al mondo punta alla vittoria del secondo Major della sua carriera, dopo lo straordinario trionfo di Melbourne ad inizio anno. Per farlo dovrà superare anche il pubblico, che sarà tutto per il beniamino di casa. Qualche incognita sulle condizioni del polso di Sinner, che dopo lo spavento per il problema nella semifinale con Jack Draper, aveva detto. "Il polso sta bene anche se sul momento mi faceva parecchio male. Quando cadi sul cemento, del resto, non è il massimo ma l’hanno trattato subito e sembra che stia abbastanza bene ora. Ovviamente con l’adrenalina è tutto diverso ma non dovrebbe essere nulla di grave". L'azzurro ha svolto sul Campo P1 di Flushing Meadows l'ultimo allenamento in vista della finale, dove seguito da coach Simone Vagnozzi e Darren Cahill, ha testato le sue condizioni. 

Come sta Sinner, le parole di Vagnozzi

Alla vigilia della finale di New York Simone Vagnozzi ha parlato del momento di forma di Sinner: "Sta crescendo come uomo, le cose difficili ti aiutano e ti fanno acquisire maggiore esperienza. In Australia, alla vigilia della prima finale Slam, si avvertiva una sensazione di freschezza, la sensazione di vivere per la prima volta una finale così prestigiosa. Qui ci arriva da numero 1 al mondo con una responsabilità diversa sulle spalle, e la sensazione di essere il favorito. E’ una vigilia diversa ma Jannik la sta gestendo benissimo". Vagnozzi è tornato sulla bella prova con Draper: "All’inizio c’era un po’ di tensione, in particolare si è visto nei primi due set, facevano errori che di solito non fanno. Ci aspettavamo un match del genere, con scambi lunghi, a volte Jannik ha esitato ma sapeva che Draper alla lunga fa fatica. Fargli giocare qualche palla in più e stancarlo faceva parte del piano tattico".

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