Dai manager ai match-analyst, ecco come funziona un team di eSports

Alla scoperta del Team Forge, leader in Italia di League of Legends: la squadra è strutturata come una società sportiva tradizionale e ha una gaming house. Il manager Sesani: «Così formiamo i professionisti»
Dai manager ai match-analyst, ecco come funziona un team di eSports
Valerio Albensi
7 min

ROMA - Manager, allenatori delle varie fasi di gioco, match-analyst e talent scout che vanno alla ricerca dei giovani più promettenti. I migliori team di eSports sono già strutturati secondo il modello delle tradizionali società sportive. Dopo la prima storica apertura del Comitato Olimpico Internazionale all’ingresso degli sport elettronici alle Olimpiadi, ci siamo chiesti come funziona una squadra professionista. In Italia fa scuola il progetto del Team Forge, associazione nata quasi due anni fa che nel nostro Paese può essere considerata la Juventus di League of Legends, uno dei videogiochi più importanti in ambito sportivo: a livello nazionale Team Forge ha vinto Lega Prima e Red Bull Factions, le due manifestazioni maggiori, e in Europa si è battuto nel 2016 nelle Challenger Series, competizione alla quale ha partecipato anche la divisione eSport di un club di calcio, i tedeschi dello Schalke 04. «Sì, il paragone con la struttura di una società sportiva tradizionale ci sta», conferma Alessandro Sesani “Sekuar”, manager del team. «Semplificando molto, il manager ha le stesse mansioni di un direttore di una squadra di calcio: dal formare il team e fare da tramite tra giocatori e dirigenza alla parte gestionale e logistica dell’associazione. I coach sono esattamente degli allenatori, ci possono essere dei defensive e degli offensive coordinator, come nel football americano».

LA GAMING HOUSE - Il Team Forge ha un’anima italiana e ha il proprio quartier generale in Sardegna, ma nelle tre squadre (LOL, OverWatch e Counter Strike) sono presenti anche ragazzi stranieri. Quando partecipano ai tornei, indossano delle giacche bianche e rosse in stile college americano. La gaming house dell’associazione si trova a Cagliari ed è il cuore pulsante del team: qui i giocatori preparano gli eventi con la massima cura. Per affermarsi nel mondo dei videogiochi competitivi occorrono disciplina e resistenza allo stress, soprattutto mentale. «L’esperienza della gaming house è bella e al tempo stesso molto dura per tutti - continua Sesani -. In generale, per molti ragazzi è difficile fare il passo verso il professionismo perché è necessario fare le stesse rinunce dei coetanei che praticano gli sport tradizionali: c’è un programma molto rigido, servono tante ore di allenamento. Bisogna rinunciare a qualcosa, faticare a fare più cose contemporaneamente nel caso dei ragazzi che vanno a scuola o fanno altre attività di questo genere. È un’esperienza dal punto di vista formativo molto importante se pensiamo che parliamo di ragazzi di 18 o 19 anni. Ma è anche molto stressante e complicata».

DIVENTARE UN PRO - La strada verso il professionismo non è una passeggiata. «Oltre alle qualità tecniche, le doti mentali sono fondamentali - assicura Sesani -. Quindi la propensione ad accettare i consigli, la volontà di superare i propri limiti e tutto il "pacchetto" del grande campione: determinazione, non accontentarsi mai del risultato ottenuto, porre sempre nuovi obiettivi e avere voglia di migliorare accettando il consiglio degli altri. Sempre più ragazzi si avvicinano al gioco. Naturalmente bisogna iniziare un po’ da soli, come tutte le attività ludiche e sportive, poi quando si nota di avere delle qualità che possono portare a qualcosa in più bisogna non avere paura di chiedere anche aiuto ai team ed entrare in contatto con altri ragazzi che sono allo stesso livello per confrontarsi e giocare insieme. Questo è un primo passo, poi l’ingresso in una squadra strutturata è il passaggio ancora successivo».

 ITALIA INDIETRO - Per quanto riguarda il riconoscimento del professionismo e la remunerazione dei giocatori, l’Italia è ancora indietro rispetto a Stati Uniti, Corea del Sud e ai Paesi europei in cui il fenomeno degli eSports ha fatto presa da più tempo. Sesani conferma: «Almeno per quanto riguarda League of Legends, l’attività di un team in Italia non è sostenibile con premi e sponsorizzazioni, in questo momento. Bisogna avere un po’ di respiro internazionale, riuscire a competere fuori dal nostro Paese. In Spagna, invece sono strutturati in maniera molto più professionale, danno degli stipendi e compensi alle squadre e ai giocatori. Da noi ancora non è così e l’unica cosa che si può fare è competere a livello internazionale».

SOGNO OLIMPICO - Un ulteriore passo verso la definitiva affermazione degli eSports potrebbe essere l’ingresso della disciplina alle Olimpiadi. Il 28 ottobre il Comitato Olimpico Internazionale ha aperto al dialogo con il settore definendo gli sport elettronici una vera attività sportiva. Immaginare il debutto a Parigi 2024 non è più solo un sogno. «Se è fattibile o no, non saprei. Ovviamente ci piacerebbe molto essere riconosciuti ed entrare a fare parte del novero degli sport che vengono rappresentati da quei cinque cerchi che sono il sogno di tutti gli sportivi, da quando si comincia a fare sport»

RISCATTO ESPORTS - Gli eSports alle Olimpiadi come occasione di riscatto per tutti quei ragazzi che non eccellono nelle attività sportive tradizionali, ma che avrebbero la possibilità di farsi valere in una diversa competizione. Alessandro ne è convinto: «Io da ragazzino giocavo a pallone. In un paesino, il calcio è il metodo di aggregazione principale anche perché è il più economico e il più diffuso. Inevitabilmente però ci sono bambini che sono portati per l’attività atletica e altri che, per problemi di vario genere come salute o costituzione, non sono per nulla portati e finiscono per soffrire. Questi ragazzi non sono meno validi in generale, ma lo diventano se fanno un'attività che non è a loro congeniale. Ci sono tante altre attività invece nelle quali potrebbero esprimere le potenzialità che hanno e che sono diverse da quelle degli altri. Mi viene sempre in mente la famosa frase di Einstein sul fatto che ognuno è genio a modo suo: se vogliamo giudicare un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi su un albero probabilmente siamo noi a sbagliare. Finché non ci sarà un riconoscimento del fatto che queste attività hanno una dignità e ci soffermeremo sulle attività sportive tradizionali, fincheé non riusciremo a far capire questa cosa al grande pubblico avremo un sacco di ragazzi che saranno giudicati dei pesci per la loro capacità di scalare un albero e che non riusciranno a sfruttare il loro potenziale. Per fortuna negli ultimi anni qualcosa sta cambiando».

Se volete conoscere meglio l’attività del Team Forge e la gaming house, ecco un breve documentario pubblicato dall’associazione sul proprio canale YouTube ufficiale.


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