RealNapoli, coraggio, idee e identità: è la rinascita azzurra

Dopo la sfida ai Galacticos di Ancelotti, a Garcia e i suoi resta tanta consapevolezza: finalmente le luci di un ritrovato entusiasmo
Antonio Giordano
4 min

NAPOLI - Una partita non è mai un atto unico e spezzettando Napoli-Real Madrid ci sono tante anime e una natura varia a riempire quella recita a più voci che incanta o anche no: in quell’ora e mezza (96' tutto incluso), l’esame più complesso di 45 giorni e nove partite, nella sublime dimensione della Champions e nell’onirico confronto a due con la Storia del calcio, una squadra Campione d’Italia, a maggio scorso, ha cercato - e trovato - risposte a quesiti soffocanti, forse pure la traccia per un’identità consolidata. Gli applausi d’uno stadio intero - dei 51.649 del «Maradona» - il sacrosanto compiacimento, rappresentano il riconoscimento postumo per una serata speciale, piena anche di personalità: e su qualche ombra, che Garcia ha intravisto, si sono allungate le luci di un entusiasmo comprensibile

Napoli, attenti a quei due

Ostigard e Natan, per esempio, il terzo e il quarto delle gerarchie difensive, hanno spolverato i retroscena e non solo per aver costruito l’1-0 in tandem (con l’aiuto di Kepa): ma in una nottata perfida come nessun’altra (o come poche), dovendo «accapigliarsi» con Vinicius jr, Bellingham e Rodrygo, l’unico passaggio a vuoto visibile a occhio nudo sta nella scelta d’indietreggiare di fronte all’elegante percussione di quell’étoile inglese per l’1-2. Poi, umanissime pause in una sfida assai caratteriale e un organico che là dietro, adesso, s’è ragionevolmente allungato.

Napoli, autorità in campo

Le statistiche un senso ce l’hanno, eccome, e chiedono di essere lette nelle sue profondità, evitando di starsene in superficie: gli expected goals sono un fronte che quel 2,09, rispetto all’1,18 del Real, diventa fonte d’energia per l’autostima; l’indice di efficienza, è iniezioni di stima; la sistematicità di arrivare alle conclusioni (17 tiri, 7 nello specchio della porta) ispirano fiducia. E poi c’è l’autorevolezza, adesso sì, che appartiene all’idea d’una squadra che va a pressare alto, che ha linee a distanza adeguate, che sceglie di giocare nella metà campo altrui (ed è quella del Real...), che ha ricominciato a costruire dal basso in scioltezza, che ha pure il coraggio di rischiare, di andare oltre, d’allungarsi, di sacrificarsi, di abbeverarsi a Politano e a Zielinski, a Olivera e a Kvara, che non ha (più) paura, che crea, ha sfortuna (è un fatto) o semmai si lascia andare. 

Napoli, i legittimi sospetti

Ma quando il risultato non diventa una condanna, né orienta i (pre)giudizi, nell’orgia collettiva d’euforia va spruzzata la freddezza per un’analisi fedele, non severa, dell’interpretazione: Napoli-Real Madrid ha ribadito che Garcia gradisce come opzione principale Elmas esterno, di destra o di sinistra, piuttosto che interno; che a Raspadori non vengono concessi limiti - ed è entrato per fare la mezzala alla Zielinski, prima della rumba disperata dei tre cambi last seconds; che Lindstrom deve ancora inserirsi nei meccanismi, e magari lo farà in fretta come è successo a Natan; che prima di rimettere completamente le lancette dell’orologio all’ora esatta, più o meno quella dell’anno scorso, serve ancora a Garcia un pizzico di pazienza. «C’è stato un momento in cui abbiamo sbagliato atteggiamento. Non mi è piaciuto il modo in cui ci siamo aperti dopo l’1-1, prendendoci l’imbucata del gol». Sono cose che capitano... 


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